La lettera che leggerete mi è giunta nell’ambito della gestione del Blog Le Urla dal Silenzio, dedicato alle tematiche carcerarie.
Oltre che inserirla negli spazi dedicati alle tematiche carcerarie, voglio condividerla in questa nota con persone attente al mondo carcerario o che comunque sono in grado di fare qualche intervento che possa essere utile.
Quello che mi ha inviato Pasquale Mollica, detenuto a Sulmona, è l’ennesima vicenda indegna che avviene nelle carceri.
Pasquale Mollica ha sessantasette anni. Detenuto dal 2009 si trova a Sulmona dal 30 maggio 2013.
Soffre di tutta una serie di patologie, tra cui diabete e ipertensione, e anche, più recentemente, una cataratta all’occhio sinistro.
Come tipicamente avviene in carcere.. l’approccio curativo consiste solo in un bombardamento di farmaci.
Arrivato a Sulmona, vedendo l’aggravarsi del suo occhio sinistro e il progressivo calo della vista, chiede ripetutamente visita oculistica che gli viene negata. Ed è costretto a fare lo sciopero della fame pur di avere una visita. L’oculista, riscontrando la realtà del problema, ordina una visita specialistica in ospedale, dove il 9 gennaio 2014 gli veniva rilasciata la richiesta per essere operato. Il 10 gennaio l’area sanitaria del carcere invia relativa documentazione, ma.. da quel giorno Pasquale non sa più nulla.
E a tutt’oggi, a più di un anno da quando ha esposto il problema, Pasquale sta portando avanti una iniziativa di reclamo attraverso lo sciopero della fame, anche rifiutando i farmaci.
Pasquale ormai è al limite, non è neanche in grado di farsi la barba, per scrivere deve chiedere il favore al suo compagno di cella, quando si muove sbatte regolarmente contro la finestra, e a stento riconosce le persone.
Come si può consentire e tollerare che cose del genere avvengano?
Che carcere è un carcere dove una persona è abbandonata a se stessa fino a questo punto?
In storie del genere la complicità è a tutti i livelli dal personale sanitario alla Direzione.
Noi abbiamo chiesto al carcere di Sulmona di intervenire immediatamente, facendo presente che, per qualunque evento irreparabile che riguardasse Pasquale Mollica (dalla perdita dell’occhio a un possibile decesso qualora le condizioni diventassero estreme) considereremo la Direzione e l’intera struttura del carcere di Sulmona, a partire dall’area sanitaria, responsabili, da ogni punto di vista, anche legale.
Chiedo anche a voi che sto taggando in questa nota, di attivarvi, nei limiti delle vostre possibilità e campi di azione, su questa vicenda.
Di seguito la lettera di Pasquale Mollica
Gent. mo Alfredo,
Le invio questo scritto tramite amici comuni per portarvi a conoscenza di quanto sono
costretto a subire in questo istituto detentivo; e per esperienza ritengo che rispecchi l’80% delle carceri italiane. Mi atterrò comunque ai fatti che intendo comunicarvi.
Mi chiamo Pasquale Mollica e ho sessantasette anni, sono ristretto dal 2003 con una condanna che, per assurdo supera l’indice dei trent’anni e, più esattamente 37 anni di reclusione; in barba alle norme vigenti in Italia.
Mi trovo attualmente a Sulmona, noto carcere per spiacevoli fatti tra i quali la morte di numerosi detenuti.
Sono qui ristretto dal 30 maggio 2013 e sono affetto da varie patologie, tra queste la più grave è il diabete di tipo 2, associato all’ipertensione.
Per la prima patologia mi viene somministrata terapia a base di (….2 .medicinali di cui no capisco il nome ) mentre per l’ipertensione prendo Nebiulolo Sanudos 500 più Norvasc 5 mg. e ancora Triatec 5 mg. infine la Cardioaspirina giornaliera.
I primi due rimedi li prendo al mattino dopo la colazione, poi alle ore 12 dopo pranzo e infine alla sera dopo cena per un totale di 6 compresse giornaliere.
per l’ipertensione assumo un a compressa al mattino e due alla sera. Arriviamo così a un totale di 10 compresse giornaliere.
A queste si aggiunge il Torvasc che assumo contro il colesterolo. Detto ciò, vi potete rendere conto che trascorro le mie giornate scandite da orari a causa di tutte queste medicine.
Bene, a queste mie patologie si è “associata” (mi si perdoni l’ironia) una complicazione dovuta ad una cataratta all’occhio sinistro.
Patologia questa insorta nel carcere di Carinola nel 2013.
Da Carinola sono stato trasferito poi a Sulmona e, più esattamente il mio arrivo risale a maggio 2013.
Qui inizia la mia epopea che di epico non ha nulla se non la tristezza per un insensata forma di indifferenza che, io definisco tortura e non a torto, lasciando al lettore la più consona e corrispondente definizione.
Per ordine:
Arrivato in questo istituto, durante la prima visita consuetudinaria d’ingresso, ho evidenziato e fatto presente tutte le mie malattie e tra queste la cataratta che tra l’altro risulta anche nella mia cartella clinica.
Successivamente ad ottobre cioè dopo cinque mesi iniziavo uno sciopero della fame e della terapia giornaliera, considerato l’aggravarsi dell’occhio sinistro e del progressivo calo della vista: più volte avevo richiesto visita oculistica e regolarmente tale richiesta veniva ignorata.
Sciopero portato avanti per cinque sei giorni circa, periodo in cui il mio difensore inoltrava reclamo e sollecito alla direttrice di Sulmona, ed ero completamente ignorato
Trascorsi detti giorni sono stato finalmente visitato dall’oculista che ha potuto accertare il problema cataratta, ordinando una visita specialistica presso l’Ospedale.
A gennaio 2014 sono stato accompagnato in ospedale per la suddetta visita all’occhio sinistro, mi veniva rilasciata la richiesta per essere operato, questo il giorno 9 gennaio.
Il 10 gennaio l’area sanitaria inviava documentazione inerente al ricovero e da quel giorno, io non so più nulla.
Oggi, dopo oltre un anno da quando ho esposto il problema sto nuovamente portando avanti un iniziativa di reclamo attraverso lo sciopero della fame, rifiutando anche i farmaci.
Sono arrivato allo stremo della pazienza, non posso più condurre una vita dignitosa e ho problemi anche a espletare le normali funzioni fisiologiche.
Non riesco a radermi e spesso è il mio compagno di cella che mi fa la barba.
Come potete immaginare anche scriver per me è pressochè impossibile e sovente disturbo il mio compagno di cella, questo lede anche la mia privacy nelle comunicazioni con i miei familiari.
Ho problemi a muovermi in cella e sbatto regolarmente contro la finestra e ho dovuto ricorrere ad una medicazione. Stento a riconoscere le persone, a scendere le scale e di conseguenza a condurre una vita dignitosa .
Ciò detto chiedo a lei o a chi può di essere aiutato perchè se è vero “a torto o a ragione” che sono un d-e-t-e-n-u-t-o è anche vero che sono un U-O-M-O e come tale vorrei essere trattato.
Dovrei essere in custodia alle funzioni carcerarie e non invece sentirmi un sequestrato in balia di un sistema che si nutre di connivenza .
Porgo sinceri saluti a tutti i lettori del vostro blog e mi auguro che la presente possa contribuire ancora una volta a delineare le condizioni delle carceri italiane.
Calorosamente