Poco più di un anno fa, il 25 ottobre 2013, moriva in Italia Augusto Odone, il papà di Lorenzo Odone. Questo nome, di primo acchitto, potrebbe dire poco o nulla alla maggior parte delle persone.
Ma questo Lorenzo fu il ragazzo al centro di una storia che fece molto parlare di sé e a cui fu dedicato un celebre film nel 1992. Fu il ragazzo che diede il nome a una cura che venne, appunto, chiamata, “L’Olio di Lorenzo”.
Augusto Odone, nato a Roma nel 1933 e cresciuto nel villaggio di Gamalero, nei pressi di Acqui Terme in Piemonte, si spostò, nel 1969, dall’Italia a Washington per andare a lavorare alla Banca Mondiale. Lorenzo era il suo terzo figlio, avuto dalla sua seconda moglie, Michaela Teresa, una glottologa irlandese-americana.
Nel 1983, al ritorno da un viaggio nelle Isola Comore, Lorenzo cominciò a manifestare preoccupanti problemi di salute: difficoltà di concentrazione, difficoltà nel camminare, calo della vista e dell’udito, parole pronunciate a stento. Inizialmente non si riusciva quale potesse essere il problema. Dopo tutta una serie di esami clinici, all’età di 5 anni, giunse la diagnosi: adrenoleucodistrofia, ADL, una malattia rarissima ed ereditaria, che si manifesta in particolare nei bambini tra i 4 e i 10 anni. L’ADL viene trasmessa dalla madre e colpisce solo i maschi. Un disordine neurologico che da una prospettiva di vita di due anni.
Per i medici Lorenzo non aveva alcuna speranza, come tutti coloro che contraevano questa malattia. Prospettano ai genitori un decorso di vita di due anni; un decorso drammatico, perché contrassegnato dalla perdita progressiva di tutte le funzioni corporali e psichiche.
Ma gli Odone non accettano questo verdetto.
E iniziano una di quelle avventure dello spirito umano che ci fanno capire di cosa è capace il coraggio, la dedizione e un amore sconfinato.
I genitori di Lorenzo decidono allora di abbandonare tutto il resto e di avere come unica stella polare quella di trovare una via che desse una speranza a Lorenzo.
Augusto e Michaela che non sapevano nulla di medicina si immersero nello studio più accanito della medicina, della biologia, della chimica; guidati da quello che qualcuno avrebbe potuto diagnosticare “come incapacità patologica di accettare la realtà”.
In pochi anni riescono a scoprire che il danno cerebrale era provocato da un accumulo nelle cellule nervose di quelli che vengono chiamati acidi grassi a lunga catena. La causa era genetica, alcuni enzimi dedicati alla degradazione di queste sostanze non funzionavano.
Più specificatamente, l’ALD è causata dal difetto che si manifesta in un gene chiamato ABCD1. Questo gene produce normalmente una proteina che controlla l’ingresso degli acidi grassi a catena lunga (VLCFA) nell’unica zona della cellula che può smontarli. Questo fa sì che la loro concentrazione nel corpo sia controllata. Ma se questa proteina non svolge questa funzione, o perché non c’è o perché non funziona, questi acidi grassi a catena lunga non riescono ad entrare nella cellula, vanno in giro nell’organismo e si accumulano dove non devono accumularsi. Questi grassi, a dosi elevate, diventano tossici, soprattutto per il cervello. L’accumulo incontrollato di acidi grassi danneggia la guaina protettiva dei nervi, la mielina, con un progressivo danneggiamento dei nervi che sono sempre più ostacolati nel condurre l’impulso nervoso. Da questo conseguono problemi motori, visivi, uditivi e altre compromissioni neurologiche che conducono prima ad uno stadio vegetativo e poi alla morte. colpendo prima le funzioni motorie e poi quelle psichiche.
In una delle sue giornate passate in biblioteca, Augusto Odone trova uno studio clinico nel quale sono illustrati diciassette casi, tutti dal decorso infausto: progressiva perturbazione psichica, mutismo, deambulazione instabile, cecità, sordità, demenza, convulsioni, morte.
Marito e moglie provano con l’immunosoppressore e con una dieta priva di grassi. Ma non c’è nulla da fare.
I coniugi Odone continuano i loro studi, immergendosi nei testi scientifici e passando le notti setacciando siti medici su internet.
Durante le loro ricerche nella biblioteca dell’Istituto di Sanità, Michaela si imbatte in una lettura che sarà una chiave di volta per arrivare alla soluzione; si trattava di una rivista scientifica polacca in cui si descriveva un esperimento di manipolazione dei lipidi nei topi.
L’idea di fondo era che per fermare la malattia si doveva ridurre la quantità di grassi XL in circolazione nel corpo. Ma sebbene Lorenzo seguisse una dieta rigorosamente priva di grassi, questa presenza di grassi XL continuava ad aumentare, perché in questa patologia è lo stesso corpo a produrli. Quindi bisognava trovare un modo che impedisse la stessa produzione interna di grassi.
Bisogna immaginare i grassi come delle catene, costituite da una serie di anelli. I grassi XL hanno 24 o 26 anelli e vengono fabbricati da una proteina particolare. Questa proteina può produrre due modelli diversi di grassi XL; i grassi XL saturi che sono tossici, e i grassi XL insaturi che sono sostanzialmente innocui. Questo avveniva a seconda che questa proteina utilizzasse come materia prima per produrre i grassi XL, grassi saturi o insaturi. Da qui l’intuizione dei coniugi Odone, dopo mesi e mesi di studio sul metabolismo dei grassi. Immaginarono che si potesse spingere questa proteina a produrre solo grassi XL insaturi (quelli non tossici). E questo si sarebbe potuto ottenere sovraccaricando l’organismo con molti grassi insaturi, in modo che, la proteina in questione si concentrasse solo a produrre grassi XL insaturi.
Dello studio dei ricercatori polacchi e delle intuizioni dei coniugi Odone si parlò nel primo convengo sull’ALD che venne da loro organizzato e finanziato, e al quale parteciparono molti medici di vari paesi. Dal confronto degli Odone con questi medici emerse il riferimento all’olio di oliva, cioè al suo composto principale, l’acido oleico, che venne sperimentato sul bambino, sotto la supervisione dell’anziano dottore che aveva preso a cuore il suo caso. I grassi del sangue del piccolo malato cominciano subito a calare, e giungono al 50%.
Ma lo stadio della malattia del bambino era avanzato troppo. Quasi paralizzato, aveva difficoltà ad ingoiare la saliva e ciò gli provocava delle dolorosissime convulsioni. La madre gli stava sempre, nonostante qualcuno dicesse a lei e al marito che non potevano vivere solo per Lorenzo. Le crisi del bambino diventarono più drammatiche e a poco servono i sedativi che gli somministra il medico che lo seguiva. Ormai ci si preparava al peggio.
Augusto si ributtò a capofitto nello studio, per scoprire perché l’olio di oliva aveva ridotto i grassi solo al 50%. Dopo tante altre ricerche scoprì che l’acido fatto coi semi di colza, difficile da reperire, poteva completare la cura.
Con il nuovo acido, i grassi nel bambino raggiunsero livelli normali ed egli può cominciare a respirare senza l’aiuto dei farmaci.
In pratica l’olio di Lorenzo è il prodotto derivante dall’utilizzo di questi oli, olio di oliva e olio di colza. Si trattava di una miscela composta da acido oleico e acido erucico. Questa miscela somministrata settimana dopo settimana, aveva normalizzato il livello dei grassi saturi nel sangue, facendo venire meno quelle manifestazioni devastanti che avrebbero in pochissimo tempo portato il ragazzo a morte sicura.
I danni cerebrali di Lorenzo erano comunque troppo avanzati perché la terapia potesse permettergli di continuare la sua vita senza gravi contraccolpi psicofisici. Resta il fatto che l’ “Olio di Lorenzo”, che fu poi brevettato dagli Odone, gli allungò la vita di oltre venti anni.
Nel loro percorso, Augusto e Michaela più che ricevere appoggio, incontrarono tanti nemici; soprattutto dottori, scienziati e anche associazioni di malati. Il loro impegno era visto con scetticismo, quasi con fastidio, anche perché si trattava di due non “addetti ai lavori”. Per tutti questi “addetti ai lavori” Lorenzo doveva morire e le ricerche e le intuizioni dei suoi genitori erano assurdità prive di senso.
Uno dei più ferventi detrattori di Augusto Odone fu il neurologo Hugo Moser della Johns Hopkins University. Proprio Moser, nel 2005, condurrà uno studio che confermerà l’efficacia benefica dell’Olio di Lorenzo. Lo studio venne fatto su 89 bambini che avevano cominciato a prendere l’olio quando ancora erano asintomatici. Solo l’undici per cento dopo sette anni ha cominciato a mostrarne i sintomi, contro l’usuale 35 per cento. In pratica, l’Olio di Lorenzo, se preso in un primissimo stadio, quando ancora i sintomi non si sono manifestati, sembrerebbe proprio prevenire il loro insorgere in molti dei bambini nei quali insorgerebbero. Moser, cosa non frequente tra i luminari scientifici, ebbe l’onestà intellettuale di ammettere i suoi errori. Infatti nel presentare i risultati dello studio, scriss. ”Anche se molte persone, me compreso, hanno parlato male dell’olio, questo studio scientifico dimostra che ha un effetto su certi tipi di Adl e mi lascia pensare che e’ qualcosa di piu’ di un placebo o di una cialtroneria da stregoni”.
Michaela Teresa Murphy Odone morì nel 2000 di cancro. Michaela aveva inviato a Phil Collins una poesia sulla vicenda di Lorenzo, che egli musicò in un bellissimo pezzo, chiamato appunto Lorenzo, e presente nell’album Dance into the Light.
Lorenzo morì del 2008, proprio nel giorno del suo 30° compleanno, per le complicazioni di una polmonite. Morì il giorno del suo trentesimo compleanno per le complicanze di una polmonite. Ventitre anni dopo rispetto alla sentenza che gli avevano dato i medici. Gli ultimi anni della sua vita era ormai cieco e quasi totalmente paralizzato, ma ancora vitale e appassionato di musica e di libri che altri gli leggevano. Secondo il padre fu fino all’ultimo consapevole di ciò che gli accadeva intorno.
Dopo la morte di Lorenzo, tre anni fa, Augusto vendette la sua casa di Fairfax e tornò a vivere in Italia, nel paese dove era nato Gamalero, in Piemonte, dove trascorse i suoi ultimi anni. Il suo ultimo dono a Lorenzo fu scrivere il libro dedicato a questa vicenda; “L’Olio di Lorenzo – una storia d’amore”. Augusto si spense il 25 ottobre 2013, concludendo la storia di una famiglia straordinaria, la storia di persone che ancora ci rammentano di cosa è capace il potere dell’amore.