Marisa Pontesilli la conobbi alcuni anni fa. Si può dire che fino a quel momento non sapevo assolutamente nulla dell’omeopatia se non vaghissime infarinature. E non è che adesso sia diventato un esperto,ma perlomeno con lei alcuni concetti di fondo mi divennero chiari, come la differenza tra approccio “unicista” e “pluralista”, la legge dei simili, la dinamizzazione, ecc.
Marisa è una di quelle persone che non fanno un lavoro accanto agli altri percorsi della propria vita, ma che fanno del loro lavoro la carne e il sangue della propria vita. Se non sembrasse una espressione troppo vetero-cattolica, potremmo dire che Marisa fa parte di quelle persone che “si immolano” nel proprio lavoro. Ma forse sarebbe ancora meglio dire che hanno trovato, in questa vita, quella dimensione di azione che li fa fiorire in una passione totale, in una dedizione totale. Passione e dedizione totale vuol dire che viene meno nella loro vita il calcolo di chi misura costi e benefici. Non c’è mai stato per Marisa un piano B. Ma una spinta irrefrenabile, una “costrizione” insuperabile, a buttarsi con tutta se stessa nell’omeopatia –che in giovane età le permise di guarire da un tumore- fino a mollare tutto, indebitarsi, e girare per il mondo. E poi creare una scuola, Mirded, e subire rappresaglie e colpi bassi da parte di chi non gradiva e non gradisce che cose del genere esistono.
Per chi vuole leggere l’intervista che feci a Marisa, ecco uno dei link dove potrà trovarla
Oggi invece pubblico l’intervista che ho fatto ad Igor Casella, una di quelle persone che hanno avuto un grandissimo beneficio dall’approccio omeopatico. La risoluzione di una problematica gravosa che, oltre ad ostacolarlo fisicamente, gli aveva ormai tolto pace e serenità. E’ interessante notare come nella “vulgata generale” molti non ricollegherebbero l’omeopatia con la risoluzione di approcci di questo genere. C’è, da parte di molti, una idea molto limitata delle capacità dell’approccio omeopatico. Idea che, direbbe Marisa, non dipende solo da una scarsa conoscenza dell’argomento in questione, ma anche dalla debolezza di approccio di tanti omeopati, i cui non ragguardevoli risultati verrebbero poi,dal senso comune, ascritti a scarsa incisività, soprattutto in caso di gravi problematiche, dell’omeopatia in quanto tale.
Vi lascio alla storia di Ivan.
Quanti anni hai Igor?
39.
Di dove sei e dove abiti?
Sono di Collegno,e abito a Collegno, provincia di Torino.Prima abitavo da solo. Dal dicembre del 2014 mi sono trasferito da mia madre per problemi al bacino, che poi sono quelle problematiche che mi hanno portato da Marisa.
Che lavoro facevi?
Ingegnere, libero professionista. Ora lo faccio ancora perché poi ho ricominciato. Però sono stato fermo quasi un anno. La possibilità di tornare a casa dalla mamma è stata legata da una parte dalla indisponibilità economica legata alla inattività lavorativa. E in parte dall’impossibilità di muovermi da solo a casa.
Racconta di come è sorto il tuo problema?
Allora, il problema è sorto ad agosto 2013. Fondamentalmente è partito con un dolore localizzato nella zona destra all’inguine, e poi è peggiorato nell’arco di poco tempo. Tanto che io ad ottobre-novembre 2013 giravo con le stampelle perché non riuscivo proprio più ad articolare il passo.
Praticamente ti sentivi fisicamente bloccato..
Sì, sì.. parlo spesso del fatto che mi muovevo praticamente come uno sgabello. Nel senso che per camminare, per evitare di sentire dolore, o per contenere quel dolore, nel camminare cercavo di tenere il peso molto fuori dall’asse. Inizialmente a farmi male era solo la destra. Poi ha cominciato a farmi male anche la sinistra. E poi cercavo di camminare con la destra e con la sinistra. Quindi stavo con le gambe molto divaricate.
E naturalmente psicologicamente questo non ti aiutava.
No.. Io comunque continuavo a fare le cose che facevo anche prima. Nella fase iniziale pensavo che il dolore si sarebbe attenuato, che sarebbe tornato tutto a posto. Mi era già capitato in precedenza di sentire fastidio a livello inguinale e cose di questo tipo. Sono quei dolorini che uno si porta dietro e che poi, nel bene o nel male, si risolvono, anche solo dormendoci sopra una notte. Però questo problema specifico non si attenuava ed anzi il dolore continuava ad aumentare, la situazione continuava a peggiorare. Inizialmente ero tranquillo perché il mio medico di base mi aveva diagnosticato una tendinite e mi aveva detto “aspetta che ti passi e la risolvi”. In realtà dopo due tre mesi continuavo a peggiorare. Tutto questo mi metteva un po’ in crisi. Il primo specialista che ho incontrato era un osteopata. La prima cosa che mi chiese, quando andai da lui, è se avessi mai camminato normalmente. Sul momento mi sono fatto una risata, ma mi sono anche detto “accidenti, se lui che vede persone che hanno avuto situazioni come la mia tutti i giorni mi chiede se io abbia mai camminato normalmente, forse la situazione è davvero grave”. Poi, visto che mia sorella è infermiera e lavora in un reparto di ortopedia al San Luigi, le ho chiesto di potere vedere un ortopedico. L’ortopedico è rimasto un po’ spiazzato, perché nel visitarmi non riusciva a trovare una diagnosi che combinasse tutti i miei sintomi. Mi diceva: “mi parli di sintomi che mi farebbero pensare una cosa, ma quando cerco una conferma, non me la dai, non la trovo”. Quindi anche lui, come l’osteopata, era spiazzato. Mi propose di fare nel frattempo tutti gli esami che permettessero di escludere le ipotesi peggiori. Ho fatto gli esami del sangue, le radiografie, ecc.. In ogni caso l’esame che è stato determinante per capire cosa mi stesse succedendo è stato la risonanza magnetica. In seguito alla quale, le diagnosi possibili erano due. Da una parte osteonecrosi; dall’altra algodistrofia. Osteonecrosi avrebbe significato intervenire d’urgenza con l’inserimento di protesi a entrambi i femori. L’algodistrofia è una patologia sfigata, conosciuta da poco più di un centinaio di anni. Sull’algodistrofia non c’è molto da fare. Prima o poi si risolve da sé; però non ci sono cure e non si sa quanto tempo sarà necessario.
Tutto questo non faceva che aumentare la tua inquietudine..
Certo che sì. Soprattutto nell’ipotesi che fosse osteonecrosi. Chi mi fece la risonanza magnetica, mi invitò a ripetere l’esame dopo un mese per vedere l’evolversi della situazione. La prima risonanza la feci in novembre-dicembre 2013. La seconda i primi di gennaio. Da questa seconda risonanza emergeva che il quadro clinico non era peggiorato, ma era –sulla gamba sinistra- un po’ migliorato, anche se si trattava di un miglioramento appena percettibile. Questo però significava che non si trattava di osteonecrosi. La notizia sembrava positiva, perché a quel punto si trattava di algodistrofia e non si trattava che di aspettare. L’ortopedico, comunque, mi disse, che, pur credendo che si trattasse di algodistrofia, voleva provare a sentire il parere di altri medici. Io mi confrontai con il reumatologo del San Luigi, secondo il quale ciò che avevo poteva essere rivelativo della sindrome di Reiter o artrite reattiva. Lui ipotizzava che io avessi una infiammazione localizzata in qualche parte del corpo e che questa infiammazione avesse generato quella forma di artrite a livello del bacino. Dovetti fare un’altra vagonata di esami, dai quali emerse una infezione di poco conto –paragonabile all’influenza- agli organi genitali. Si trattava, mi disse l’urologa, di qualcosa di estremamente blando e di estremamente diffuso; due persone su cinque avrebbero questa infezione. Si trattava semplicemente di farla passare, senza ricorrere ad alcun tipo di antibiotico. Ma il reumatologo invece pensava che che, visto chel’artrite era stata ingenerata da questa infezione, sarebbe stata buona cosa che avessimo curato quell’infezione, per poi curare l’artrite ingenerata da quell’infezione. Dovetti allora assumere degli antibiotici per quell’infezione e poi inizia un trattamento con il reumaflex, un farmaco utilizzato, appunto per curare l’artrite. Nel frattempo continuavo a tenere monitorati i valori del sangue. Tutto questo fino ad agosto 2014. Nel mese di agosto mia zia mi parlò di un ortopedico delle Molinette che mi avrebbe potuto proporre una cura studiata per l’algodistrofia. Questa cura consistette in quattro infusioni fatte nell’arco di due settimane. Quattro giorni di day hospital alle Molinette. Arrivati a settembre non registravo ancora miglioramenti. Continuavo a muovermi con le stampelle. Era un movimento a pendolo, nel senso che facevo il passo prima con le stampelle e poi con le due gambe che seguivano. Il reumatologo del San Luigi mi propose, a quel punto, un farmaco che non ricordo se era definito “biologico” o “biotecnologico”. E quindi procedetti con questo nuovo farmaco. Nel frattempo io mi stavo convincendo che il problema nascesse dall’alimentazione, per cui stavo cercando qualcuno con cui parlare di questa cosa. Fu proprio nella settimana in cui avevo iniziato ad assumere il nuovo farmaco, che la moglie di un cugino di mia madre, che era a conoscenza della mia situazione, mi disse “guarda, scusami se mi permetto, ma se vuoi io avrei una persona da indicarti e tra l’altro tieni conto che questa persona ha risolto il problema di mia figlia col suo bambino. Questo bambino, fin da pochi mesi dopo che era nato, aveva delle febbri ricorrenti. Abbiamo fatto il giro delle sette chiese, senza concludere nulla. Fino a quando siamo arrivati alla dottoressa Pontesilli, che ha prescritto delle gocce, e con esse le febbri sono sparite. Adesso, a distanza di sei mesi, qualche febbre viene, ma si tratta di qualcosa di fisiologico nella vita di un bambino”. Mia madre mi riportò questa informazione, e decisi di provare con questa dottoressa. Ne parlai con mio padre, che, nel frattempo era giunto alla conclusione di consigliarmi qualcosa di “radicale”; ovvero di procedere con l’operazione per il taglio del femore, e con l’inserimento di protesi. Ma era una ipotesi che non mi entusiasmava molto. Io gli parlai invece di questa Marisa e del fatto che volevo confrontarmi con lei.
E così arrivasti al primo incontro con Marisa..
Sì.. C’è una cosa che non dimenticherò mai del primo incontro con Marisa. Il fatto che, per la prima volta, mi trovai di fronte una persona che considerasse il “tutto”, la “globalità”, anche temporale, di quello che avevo vissuto. Prima di avere quel fastidio a livello inguinale, avevo avuto dolori a livello toracico. Non erano dolori “consueti”. Erano dolori lancinanti. Mi faceva così male il torace che io non riuscivo ad alzarmi dal letto. Dovevo rotolarmi dal letto e poi alzarmi con le braccia. Quando parlavo ai medici di questo “precedente”, mi sentivo dire “va beh.. questo non c’entra niente con quello che hai adesso al bacino”. Ma questa risposta non mi soddisfaceva. Mi dicevo “Magari non c’entra niente.. ma guarda caso prima è arrivato quel problema e, poco dopo, è arrivato quest’altro problema”. Marisa è stata la prima volta in cui una persona –nel momento in cui le ho raccontato di quei problemi toracici e del mio dubbio che fossero collegati con quelli al bacino- mi rispose “eh si.. certo”. Io onestamente ora non mi ricordo se poi mi spiegò concretamente perché disse quel “eh, si certo”. Se mi fece capire su cosa basasse il ragionamento che la portava a fare quella esclamazione. Probabilmente sì. Comunque, al sentire quel “sì certo”, mi sono detto “finalmente abbiamo trovato qualcuno che riesce a vedere il problema nella sua complessità”.
A quel punto intraprendesti una cura omeopatica..
Sì.. le cose sono andate così. Cominciai a prendere un rimedio omeopatico che prendo ancora oggi. Inoltre lei mi diede un compito biologico. Mi aveva chiesto di scrivere la mia storia, la storia dei miei genitori, dei genitori dei miei genitori, dei nonni dei mie genitori; naturalmente, sempre in base a quanto ricordassi. Voglio darti un altro aneddoto del primo incontro avuto con Marisa. Durante la visita, mio padre disse “ah, fermiamo tutte le cure farmacologiche classiche, tu adesso ti curi come ti sta dicendo la dottoressa”. A quelle parole io ebbi una reazione fisica di allontanamento dalla scrivania, che Marisa notò subito. Al che disse “no, lui non vuole adesso smettere coi farmaci”. Poi mi guardò negli occhi e aggiunse “noi adesso andiamo avanti con i tuoi farmaci, e con quello che ti prescrivo io. Certo è che se poi gli esami del sangue cominciano a dare dei risultati strani a livello di fegato o altro.. poi ne riparliamo”. In realtà non c’è stato bisogno di riparlarne, perché, a distanza di poco tempo, gli esami del sangue cominciavano in effetti a dare dei valori non positivi a livello del fegato ed il reumatologo del San Luigi mi disse momentaneamente di fermarmi con l’assunzione, in modo da fare rientrare i valori del fegato. Essendo immunosoppressori, il reumatologo mi disse che dovevo ricominciare a prenderli quando stavo globalmente bene; non dovevo avere influenza, mal di testa, niente. Io quindi mi sono fermato con i farmaci classici e ho continuato con quelli che mi aveva dato Marisa. I farmaci classici non li ho più ripresi. Mi ero convinto che non facessero niente, che non avessero alcun effetto positivo. E mi dava fastidio farmi “sforacchiare” la pancia, con quelle iniziazioni a cadenza grossomodo bi settimanale, specie se probabilmente –così ritenevo- non ne derivava alcun impatto positivo. Per non riprendere “approfittai” anche del fatto che in quel periodo ero anche un po’ influenzato. Continuai allora solo col rimedio che mi aveva dato Marisa e, dopo un po’ di tempo cominciai a registrare un miglioramento della situazione del bacino. Quando andai dal reumatologo, lui e la sua assistente erano meravigliati dal miglioramento che avevo avuto; ed erano anche molto contenti. “Però vi devo confessare”.. cominciò a dirgli. “Cosa hai combinato?”, mi chiedono curiosi. E io rispondo “da che io ho interrotto i farmaci che stavo prendendo non ho più ricominciato”. Allora lui, guardandomi, disse “eh beh.. effettivamente non è merito dei farmaci. Però questa cosa io non posso scriverla. Ma va bene così. Non riprendere i farmaci e vai avanti per la tua strada”.
Racconta tutti i vari passaggi…
Inizialmente cominciai a mollare una delle due stampelle, perché riuscivo ad articolare meglio il passo. Il reumatologo, vedendo questo miglioramento ad una visita di controllo, mi disse “guarda, se io non conoscessi la tua storia clinica mi fermerei qua.. ormai stai migliorando.. stai guarendo.. 2 . Nel corso di quella stessa visita mi chiese “ma tu stai prendendo altri farmaci?”. Gli risposi di no, ma aggiunsi che stavo seguendo una terapia omeopatica. Lui non dette molto credito alla cosa.. “ma no.. quelle sono altre cose..”, disse. Io non sono stato lì ad insistere sul valore del percorso che stavo seguendo. Tornai da lui a dicembre, dove mi confermò, oltre ogni ombra di dubbio, che mi considerava guarito.
Ci posso credere visto i risultati che hai avuto..
Un giorno Marisa mi propose di farmi vedere da un suo collega, Claudio Simonelli, kinesiopata. Non ebbi un momento di dubbio. Il giorno dell’appuntamento, lui mi fece sdraiare sul lettino e mi tenne mezz’ora.. un’ora.. con la mano appoggiata un po’ sotto il collo e un po’ sotto il bacino, ma per lo più mi teneva la testa. Io in quel momento pensavo “chissà che cosa sta facendo questo qua”. Però la situazione non era spiacevole; ero sdraiato, e non sentivo male, anzi. Sta di fatto che nel momento in cui io mi alzai dal lettino e appoggiai i piedi a terra, capii che non avevo bisogno di utilizzare la stampella. La sensazione era di mancanza di dolore dove prima invece, facevo proprio fatica ad appoggiare il piede. Tornai a casa con la stampella in mano e da quel giorno non ho più utilizzato le stampelle. Tornai a casa piangendo. Avevo la sensazione che il problema si stesse finalmente risolvendo. Per un periodo tenni le stampelle in macchina per paura. Volevo averle a portata di mano qualora si rimanifestasse il dolore. Ma ad un certo punto mi sono detto “basta.. queste stampelle in macchina non li voglio più vedere..”. Per cui le misi in uno sgabuzzino in casa. E qualche tempo dopo le diedi a mio padre che credo le abbia buttate (ride).
Ho continuato a vedere Claudio a cadenza settimanale. Poi bisettimanale. Finché mi ha detto che quando volevo ci potevamo vedere, ma ormai potevo sostanzialmente andare per la mia strada. Mi aveva dato anche degli esercizi da fare che, sinceramente, faccio.. ma.. non in modo troppo regolare. Riepilogando, devo ammettere che con il rimedio di Marisa e con il trattamento di Claudio ho colto davvero un grande salto di miglioramento terapeutico. E oggi, per carità, non corro ancora, ma rispetto ad un anno fa ne è passata davvero di acqua sotto i ponti.
Una storia davvero emblematica e rivelatrice.. perché problematiche di salute come quella che hai dovuto affrontare tu, sono problematiche che la gente comune non collegherebbe mai all’omeopatia, come approccio terapeutico. Neanche chi apprezza l’omeopatia. Di fronte a un problema come quello che hai avuto tu si consiglierebbe –anche giustamente per certi aspetti- l’osteopata, il chiropratico, ecc. Vicende come questa ci fanno capire che il campo di azione dell’omeopatia può essere più esteso di quello che solitamente si immaginerebbe. Naturalmente dipende anche da come viene attuata una cura omeopatica. L’omeopatia è un mondo dove la capacità, la conoscenza e l’approccio del terapeuta contano enormemente e possono fare una grandissima differenza tra un omeopata e un altro.
Concordo appieno. Anche io penso che non tutti gli operatori omeopatici hanno uno spettro di conoscenza tale da renderli capaci di affrontare le cose come riesce ad affrontarle Marisa e, per quanto riguarda il suo campo, Claudio. Ed è chiaro che, se incontri il terapeuta omeopatico “sbagliato”, e non riscontri risultati positivi, arrivi a credere che tutta l’omeopatia sia “acqua fresca”. Comunque.. io ritengo di avere avuto un culo della Madonna .
Credo che quello che hai vissuto rientra nei doni della vita. Molte volte si rischia, specialmente di fronte a problematiche patologiche di difficile interpretazione, di stare anni a girare in ospedali, a fare esami e controesami, a smarrirsi in labirinti.. fino ad entrare in una dinamica da eterno malato.
Grazie di avere condiviso questa storia Igor.
Sinceramente questo caso non mi ha meravigliato più di tanto perché la mia grande amica Marisa Pontesilli ha questa grande capacità di farti stare bene….è per questo che le voglio bene e mi sento onorato di esserle amico!
Sì, Marisa è una persona stupenda. E’ bravissima! Io la conosco. Mi ha curato gratis! Ogni volta che le chiedo un consiglio, lei è pronta a rispondermi e ad aiutarmi. Grazie di esistere Marisa <3
Sono felice per l’epilogo della storia di Igor, ero al corrente della storia della malattia. l’omeopatia è una specialita le cui cure sono lunghe ma efficacissime. Io ne ho avuto l’esempio sui miei propi figli, dopo la cura abbiamo quasi dimenticato che era esistito il problema. Ripeto sono felice anche per Igor.
Angelo Casella
È possibile avere un contatto telefonico della dott.ssa Marisa Pontesilli. Grazie