“Noi siamo qui da quasi un anno a lottare, ci stiamo rimettendo la nostra salute in questa piazza, perché è la nostra unica speranza. È da una vita che aspettiamo qualcosa, per noi non c’è mai stata nessuna cura, nessuna terapia. L’unica speranza è questa, eppure ce la vogliono negare. Chi sono queste persone per decidere sulla nostra vita? Loro, durante le mie giornate di sofferenza, ci sono per me? Sanno come vivo io? È anche la rabbia che mi fa parlare, perché so che a casa ho altre due sorelle che stanno peggio di me. Mia sorella, circa 20 giorni fa, ha rischiato anche la vita. Oggi esiste questa speranza e non ce la fanno neanche provare. Abbiamo detto di tutto al governo: ci auto-tassiamo, ci prendiamo le nostre responsabilità, troviamo gli ospedali, cerchiamo di trovare i fondi, qualunque cosa, ma la risposta è stata no.” (Marco Biviano)
Fino al mese di giugno, non ero troppo informato circa il caso Stamina. Certamente sapevo delle polemiche, delle proteste, delle contrastanti opinioni, delle inchieste, delle testimonianze. Ma non avevo mai iniziato un percorso di serio approfondimento.
Per me, l’approfondimento autentico è iniziato da giugno, da quando ho incontrato Marco Biviano, uno dei due fratelli Biviano che (insieme alle loro compagne) sono accampati davanti al Parlamento fin da luglio 2013. In pratica da un anno.
Già prima di conoscerli, comunque, avevo, da alcune settimane, cercato di capire qualcosa di più e di osservare anche il “linguaggio” con cui si parlava di questa tematica. Pur in mancanza di tanti dati concreti, avevo già sviluppato la percezione che la rappresentazione che veniva data di questa vicenda, in stile “romanzo criminale”, era probabilmente frutto di grandi forzature. Non mi riusciva di credere che tutte quelle persone che parlavano di avere avuto miglioramenti con le infusioni di stamina stessero mentendo. Che tutti quei malati incatenati davanti al Parlamento, che tutte quelle madri che lanciavano da mesi appelli disperati, fossero vittime di allucinazione collettiva.
Autorevoli commentatori in questi casi parlando dell’ “irrazionalità” di chi, disperato, si aggrappa a qualche miraggio. Ma, mi è sempre (anche in altre vicende) sembrata una spiegazione troppo semplice e troppo conforme ai grandi interessi che vigono in campo medico. Così come non mi riusciva di credere che tutti i giudici che emanavano sentenze perché si riprendessero le infusioni verso persone che già le avevano ricevute, fossero capre del diritto, che tutti questi giudici decidessero in base al “nulla”.
Prima di cercare i fratelli Biviano, quindi, avevo già sviluppato grandi perplessità verso la rappresentazione del caso –in stile “grande truffa sulla pelle dei gonzi”- che era quella veicolata dalla maggioranza dei media, dei politici, e degli esperti più gettonati. L’approfondimento vero e proprio, comunque, è nato (e tutt’ora continua) dopo l’incontro che ha dato vita a questa intervista.
Un amico medico mi aveva parlato di due fratelli siciliani che da quasi un anno erano accampati in tenda davanti al Parlamento. Decisi subito che avrei voluto conoscerli. E li avrei voluti conoscere a prescindere, anche se non fosse stato in ballo il caso Stamina. Perché persone che sono disposte a mettere in gioco la loro vita, destabilizzandola al punto di sacrificarsi da più di un anno, accampati in una tenda, per protestare contro qualcosa e chiedere qualcosa.. persone così.. meritano sempre di essere conosciute. Persone così devono essere conosciute.
Il sei giugno arrivo, nel pomeriggio, presso la tenda dei fratelli Biviano, in piazza Montecitorio, di fronte alla Camera dei Deputati, a Roma. Dei due fratelli c’era solo Marco. L’altro fratello, Sandro, era assente per una questione di visite mediche. Insieme a lui c’era la compagna, e c’era Valeria Campana, una ragazza romana, che uno degli esempi della parte luminosa che si è sviluppata intorno a questa storia; quella parte luminosa che non la rende un pozzo senza fondo.
Appena vedo Marco e ci scambiamo le prime battute di saluto, resto colpito. Sulla sua sedia a rotelle, magro, e con gli occhi buoni, le sue parole arrivano calme, con un equilibrio dove l’indignazione si accompagna alla malinconia, ma non si perde mai la lucidità, la capacità di comprensione, la “presenza” con te in quel momento.
-Comincia a parlarmi di te Marco..
Io sono Marco Biviano e vengo da Lipari, Isole Eolie; ho un fratello e altre due sorelle con le mia stessa malattia.
-Quindi avete tutti e quattro la stessa malattia?
Si, distrofia muscolare facio-scapolo-omerale. È una malattia ereditaria. Ce l’avevano mio padre e anche mio zio, che oggi non ci sono più. I miei genitori hanno scoperto la mia malattia quando mia madre era incinta di me, al sesto mese. Io sono l’ultimo nato.
-Come si chiamano gli altri tuoi fratelli?
Mio fratello che sta qua con me si chiama Sandro. Le mie sorelle invece Elena e Palmina.
-Le vostre età?
Io ho 31 anni, mio fratello 35, mia sorella Elena 38 e mia sorella Palmina 42.
-Quando i vostri genitori hanno saputo che voi avreste avuto questa malattia?
Quando mia mamma era incinta di me, al sesto mese.
-Dunque degli altri figli non si sapeva ancora niente. E’ una malattia che non si manifesta subito…
No, non si manifesta subito. In ognuno di noi la malattia è progredita in modo diverso. Ad esempio, io sono l’ultimo nato e sono stato il primo a finire sulla carrozzina, su di me la malattia cammina più veloce a livello degli arti, invece nel caso di mia sorella la malattia è stata più aggressiva a livello respiratorio
-Quindi aggredisce ognuno in modo diverso?
Si. Ed è ereditaria. Erano malati anche mio padre e mio zio, che adesso non ci sono più. Quando si è saputo della nostra malattia, mio padre e mia madre hanno fatto di tutto per darci una speranza. Hanno ovunque in Italia, hanno anche venduto una casa, ma non hanno trovato niente di niente. Quando vai negli ospedali ti senti dire: “Forse fra tre anni… forse fra quattro anni…”, ma non c’è mai niente. Quando noi andiamo nei vari centri ospedalieri, dicono: “Non c’è niente per voi.”.
Prima di venire qui a Roma, abbiamo chiamato un po’ di cliniche ed un professore ci ha detto: “Della vostra malattia si sa tanto, ma anche nulla.”-
-Prima di arrivare ad oggi, come hai passato la tua vita? Come è stata la tua esistenza?
Fino all’età di circa 11-12 anni sono stato un ragazzino normale; giocavo andavo in bici. Dopo i dodici anni ho iniziato a stare male, a peggiorare e all’età di 18 anni sono finito in carrozzina. Dai 12 anni in poi la vita è stata difficile per me. Tante cose tu non vuoi accettarle, ma ti ci devi lo stesso abituare. Non ti ci vedi in carrozzina, ma devi fartene una ragione, e vai vanti. Poi, un bel giorno, apprendiamo del metodo Stamina tramite le Iene, tramite internet.
-Quando?
Nel 2012.. fine 2012. Cominciamo ad aggiornarci, documentarci, informarci e cominciamo ad interessarci, a chiamare le televisioni. Siamo stati anche da Barbara D’Urso e da lì è partita tutta la nostra storia. Poi quando abbiamo anche appreso che un giudice doveva decidere per noi, se curarci o meno, con mio fratello abbiamo deciso: “No, noi non possiamo stare così a casa. Ci andiamo ad incatenare a Roma”. Così siamo partiti da Lipari e siamo venuti ad incatenarci qui a Roma. Nei mesi precedenti, comunque ci eravamo informati, leggevamo su internet, approfondivamo sulle staminali. Capimmo che era una cosa sicura; che si trattava di un metodo che non faceva male.
-Curiosità.. come è stata Barbara D’Urso con voi?
È stata gentilissima, però aveva promesso che non ci avrebbe abbandonati e mio fratello promise in diretta che se le cose non fossero cambiate, saremmo venuto ad incatenarci qua a Roma. Noi la nostra promessa l’abbiamo mantenuta, lei non ha mantenuto la sua.
-Avete provato a ricontattarla?
Sì, ma non è servito a niente. Tra l’altro alcune persone hanno provato a pubblicare le loro foto sulla sua pagina, ma sparivano subito.
-Quando siete venuti qui a Roma?
La prima manifestazione l’abbiamo fatta il 9 luglio 2013 davanti il Ministero della Salute.
-Prima salire a Roma avevate preso accordi con qualche altro ammalato?
Eravamo in contatto con altri due malati a cui avevamo comunicato la nostra intenzione di fare il presidio davanti al Parlamento. Ma ancora non immaginavamo che saremmo rimasti qui stabilmente. Pensavamo che ci saremmo fermati per un paio di giorni. Il 23 luglio c’è stata una manifestazione a cui hanno partecipato ammalati e soprattutto genitori di ammalati. Durante questa manifestazione ci siamo incatenati. All’inizio eravamo circa una ventina. E restammo per alcuni giorni davanti al Parlamento, dormendo in terra, sui sanpietrini. A un certo punto una chiesa ci ha dato dei materassi. Ma è l’unica cosa che abbiamo ricevuto dalle chiese. Ci hanno sempre chiuso la porta. Nessuna chiesa ci ha dato una mano. E non pensare che chiedevamo molto. Giusto la possibilità di poter fare una doccia, avere qualche rete e qualche materasso. Ma oltre il materasso di cui ti dicevo, non abbiamo ricevuto nulla. Addirittura c’è stato un prete che si è rifiutato di stringerci la mano. Comunque, in quei primi giorni non avevamo niente; stavamo a terra con lenzuola. Ricordo che durante la prima giornata, io, mio fratello e anche altri, trascorremmo tutto il giorno e tutta la notte sulla carrozzina. Quando avevamo bisogno di andare in bagno andavamo in un hotel qui vicino. Poi, un bel giorno, le guardie di turno a Montecitorio ci hanno detto di andare tra le macchine, perché non potevamo più oltrepassare le transenne.
Valeria: Furono in tanti che in quei giorni non fecero il proprio dovere. Dal nove agosto si era cercato di contattare la Sala Operativa Sociale, che è un ufficio del comune di Roma che mette in collegamento tutte le strutture comunali in relazione quelle situazioni che comportano ripercussioni in ambito sociale. Solo il 9 agosto sono stati chiamati 3 volte e tante altre volte nei giorni successivi. Dopo alcune telefonate ci hanno detto di aver aperto un file col nome “Sconosciuti di Montecitorio”, ma alla fine dal Comune di Roma non è arrivato alcun aiuto. Il comune di Roma, pur avendo a disposizione molte strutture, che nel mese di agosto sono inattive, non ha fatto nulla e ad oggi non ha dato ancora nessun tipo di sostegno, fatta eccezione per l’invio di una tenda. Una tenda della protezione civile che è arrivata grazie ad un deputato che ha chiesto che si rispondesse a questa emergenza. Riguardo alla totale inadempienza delle strutture pubbliche del comune di Roma preposte ad occuparsi di questo genere di situazioni, voglio che tu sappia cosa mi disse un responsabile di una di queste strutture, dopo la nostra ennesima richiesta di intervento. Mi disse che così facendo si toglievano risorse a coloro che sono già assistiti. E va sottolineato che quello che si chiedeva erano cose semplici, come fare una doccia. In quei primi giorni dalla Protezione Civile (esclusa la tenda che venne portata successivamente) ricevemmo solo l’acqua; ed anzi i primi di due giorni neanche quella.
-Il presidio di circa 20 persone quanto tempo è durato?
Circa una settimana. Ma non siamo sempre stati in 20, 24 ore su 24. Alcuni erano di Roma, e quindi potevano rientrare per fare una doccia o per altre esigenze. Comunque, la maggior parte di loro è andata via alla fine di agosto e, da quel momento in poi siamo rimasti fondamentalmente i, e pochi altri che andavano e venivano. Fino a quando siamo rimasti solo noi.
-A partire da quel momento, avete mai avuto intenzione di spostarvi?
Assolutamente. Noi decidemmo che saremmo rimasti qui ad oltranza. A un certo punto, come ti dicevo, la Protezione Civile ci ha dato una piccola tenda. Era davvero piccolissima, ci entravano solo due lettini e dentro non c’era spazio per muoversi. Dopo le prime piogge si ruppe e pensammo di scrivere al sindaco Marino, per fargli presente la nostra situazione e richiamarlo alle sue responsabilità; se fosse successo qualcosa, non avrebbe potuto dire di non essere informato. Dopo due giorni, in sua rappresentanza, sono arrivate delle persone, che ci hanno portato la sua solidarietà e disponibilità qualora avessimo avuto bisogno di qualcosa. Naturalmente abbiamo detto loro che avevamo bisogno di un’altra tenda più grande di quella che avevamo e il giorno dopo sono ritornati con la tenda, ma da varie parti ci si opponeva al montaggio della tenda. Prima la Camera, poi la Questura, poi i dirigenti di piazza; ognuno aveva le sue contrarietà. Questo tira e molla è durato quattro giorni; finché la tenda è stata montata nel punto in cui la trovi adesso. E da quel giorno, sarà stato fine agosto o inizio settembre, questa è la nostra casa. Non ci siamo mai risparmiati nel corso dei mesi successivi. Abbiamo cercato di sensibilizzare le persone, di ottenere il sostegno di persone autorevoli, di incontrare i politici. Per i politici siamo del tutto invisibili. Passano da qua tutti i giorni, ma nessuno si ferma. Mettendo un attimo da parte le questione Stamina, mi chiedo se queste persone abbiano un’umanità. Tutti i giorni passano da qua e mai che ci dicano “Ciao”, Come stai?”
-Non si è avvicinato proprio nessuno dei parlamentari?
All’inizio si sono avvicinati in tanti, forse perché non conoscevano bene la situazione. Davano pacche sulle spalle, garantendo che avrebbero detto qualcosa e fatto qualcosa. Per farti qualche nome; Sergio Puglia, senatore 5 Stelle, è venuto a mangiare con noi in questa tenda, dopodiché non si è visto più. Ci aspettavamo tornasse anche solo per dirci: “Non posso fare niente”, ma non l’abbiamo più visto. Anche la Meloni, di Fratelli D’Italia, ci ha detto che sarebbe venuta. E’ un’altra di quelli che stiamo ancora aspettando.
L’unica persona, tra i parlamentari, che si è veramente interessata e che ci ha sostenuto fin dall’inizio, senza mai venire meno, è la senatrice Bonfrisco di Forza Italia. Lei ha sposato in pieno la causa Stamina. È venuto anche un europarlamentare Claudio Morganti, che adesso aderisce ad un nuovo partito “Io Cambio”, prima era con la Lega. Lui si presentò al Parlamento Europeo con la nostra maglietta.
Questa è forse la piazza più importante d’Italia, non s’era mia vista prima una tenda piazzata qua, proprio davanti al Parlamento. Il fatto che solo 2 o 3 di loro si sono avvicinati ed interessati alla nostra vicenda è scandaloso, è un qualcosa che non so spiegarmi. E considera che noi avevamo preparato una sintesi, con il contenuto principale di tutte le cartelle cliniche e le avevamo inviate ai parlamentari.
-Chi ha organizzato queste manifestazioni?
Compagna: Le manifestazioni le organizziamo noi. Quella del 10 settembre 2013 l’abbiamo organizzata noi ed hanno partecipato circa 900 persone. È stata la manifestazione più numerosa organizzata pro metodo Stamina. Il 25 novembre ne abbiamo fatta un’altra, c’erano meno persone, probabilmente a causa del freddo. Ad ogni modo il 25 novembre abbiamo paralizzato Roma, la notizia è stata riportata da tutti i telegiornali. Quel giorno abbiamo voluto lanciare un segnale con il nostro sangue. Abbiamo prelevato il sangue dalle nostre vene e con questo abbiamo coperto le fotografie del Presidente Napolitano, del ministro Lorenzin e di Letta. E ancora prima di questo, una notte, Sandro si è messo su una croce d’avanti al Parlamento. Era fine ottobre.
-Avete contattato trasmissioni televisive?
Qua è sempre pieno di camionette Rai. Si interessano di finanziarie, di bilanci, dell’instabilità del governo. Mandano sempre in onda servizi politici e nelle loro riprese non s’è mai vista la tenda.
-Io credo che debba essere davvero lunga la lista di coloro che vi hanno deluso.
Sì..
-Qualche persona in particolare?
Uno è stato Bersani. Una sera siamo andati alla sede del PD che si trova qui vicino. C’era tutto un freddo e noi fuori ad aspettare che uscisse Bersani. Praticamente lui non era nella sede del PD, era nel bar di fronte. Lo aspettavamo lì, tutti sapevano che noi eravamo lì fuori e anche lui ha saputo che c’erano questi ragazzi che aspettavano che lui uscisse. Cosa è successo? Vediamo la macchina blu sua che si sposta verso il bar… noi vediamo lui che prende e scappa verso la macchina. Noi aspettavamo che lui uscisse che ci parlasse.
Con Beppe Grillo, poi, la delusione è stata cocente. Il 23 maggio Beppe Grillo era qui in piazza davanti al portone, circondato dai giornalisti e noi da questa parte ad urlargli con il megafono di venire qui, di parlarci, per favore. Gli dicevamo che sono quasi 11 mesi che eravamo in questa piazza, che volevamo solo parlare. Assolutamente. Non è venuto. È entrato dentro il palazzo di Montecitorio. Avevamo allora deciso con mio fratello di andare uno a destra, uno a sinistra e abbiamo detto, ad altre due ragazze che erano con noi, di andare dall’altro lato. Quando sarebbe uscito, avremmo cercato di bloccarlo. Lui uscì dalla parte in cui c’erano queste ragazze che volevano consegnargli una maglietta. Una maglietta su cui è scritto da una parte “Non ho più voglia di morire” e dall’altra “Curarmi non è un reato”. Noi ne abbiamo fatte fare tante di queste magliette. Quando Grillo sbucò dal portone, il taxi su cui lui si fiondò, quasi stava investendo quelle ragazze. Ad un tratto, però, il taxi aveva rallentato. Le ragazze, allora, lo rincorsero e misero la maglietta dentro la macchina, tramite un finestrino che era mezzo aperto. Il taxi riprese a camminare… poi Grillo ha fatto fermare il taxi, ha preso la maglia e l’ha lanciata a terra e poi il taxi è ripartito.
-Un gesto davvero miserabile.. che non ti aspetteresti da parte sua..
La sera prima era stato da Vespa e i suoi bei discorsi mi erano piaciuti. Non dico che è un personaggio tutto negativo. Su altre tematiche probabilmente starà anche agendo bene, ma per quanto riguarda noi, per quanto riguarda il metodo Stamina, si è comportato malissimo.
Un’altra persona che ci ha deluso è Roberto Benigni. Lui si è fermato. E’ stato uno scambio breve, di massimo due minuti. Noi gli abbiamo detto “Guardi, siamo i ragazzi che stiamo seguendo stamina. Se ci puoi aiutare, dicendo una parola, facendoci fare qualche intervista, qualsiasi cosa, visto che lei dice belle cose”. E lui “ragazzi non mettetemi in questa situazione ragazzi”. E poi ha aggiunto “cosa avete fatto per farvi trattare così, non lo so”.
Cosa abbiamo fatto?
Gli abbiamo risposto che non abbiamo fatto niente e che vorremmo solo curarci; se n’è andato senza aggiungere altro, aveva fretta.
-Sono cose che mi lasciano davvero senza parole. Tu, Benigni, che sei uno che fa cinema, sei uno che legge Dante, sei uno che fa gli spettacoli della Costituzione, sei uno che parla sempre di amore, sei uno che conosce il potere delle parole, che ha il culto delle parole.. come puoi dire.. a persone che sono nella situazione in cui siete voi.. “domandatevi cosa avete fatto per farvi trattare così”.
Ma potrei ancora farne di nomi. Renato Zero ad esempio. L’abbiamo visto una prima volta e ci disse “parlerò con Travaglio”. Non accadde nulla. Lo abbiamo visto una seconda volta e ci disse “Mi sto già attivando”, e non accadde nulla. Dopo, abbiamo anche smesso di provare a parlarci. Oppure Mentana; una volta l’ho fermato e gli ho detto “Guarda noi siamo qua da tanto tempo, per il metodo Stamina. Si tratta anche di una questione di libertà, di scelta di cura. Se ci puoi dare spazio per 15 secondi nel tuo telegiornale. Ci rispose “domani ti mando qualcuno”. Stiamo ancora aspettando.
-Una persona come Renato Zero, però, ha sempre aiutato le persone in difficoltà.
Sai cosa penso io? Che quando le cose non sono così difficili, così scomode, sono bravi tutti a esporsi. Tutti ti sostengono, tutti ti appoggiano. Quando le situazioni sono un po’ scomode, ognuno si fa i cavoli suoi, se ne fregano tutti, scappano.
A noi basterebbe che qualcuna di queste persone si fermasse da noi, ci dicesse “ragazzi come state?”, ci esprimesse un momento di vicinanza umana.
-Avete totalmente ragione…
Sono un po’ deluso anche dalla gente comune. Molti passano da qua, guardano, ma niente di più. Su 500 persone se ne fermano al massimo 2 che chiedono e si informano. Magari tanti non si fermano per timidezza. Alcuni mi fanno gli auguri per la mia battaglia, sperando che si possa presto trovare una soluzione. Io non sto lottando solo per me e le mie sorelle. Qua si sta lottando per tutti. Le terapie con le staminali non servono solo a me che sto in carrozzina e ancora non so neanche se potranno giovarmi e se funzioneranno nel mio caso. Io sto lottando per tutti e le persone sembrano non capirlo. Per 11 mesi questa piazza avrebbe dovuto essere stracolma di persone, di ammalati, di persone in carrozzina ed invece siamo sempre soli. Abbiamo fatto diverse manifestazioni ed in queste si è contata, al massimo, la presenza di 14-16 persone disabili. Io non credo che a Roma non ci siano persone in carrozzina, persone ammalate. Dove sono? In Italia ci sono circa 25000 richieste di accesso al metodo Stamina. Non pretendo che chi sta molto male venga qui in piazza, ma chi sta come me o anche meglio dovrebbe essere qui, almeno alle manifestazioni.
Compagna: Qualche soddisfazione l’abbiamo avuta dal mondo dello sport. E’ forse l’unico ambito dal quale ci è arrivato qualcosa di bello. nel mondo dello sport ci sono le cose belle. Michel Fabrizio, pilota di superbike, fin dall’inizio appoggia il caso Stamina. E’ venuto varie volte qui in piazza ed è sempre disponibile. Iniziò ad interessarsi alla causa grazie alla piccola Sofia. Poi, dopo che ha saputo che noi siamo qua, grazie ai nostri amici motociclisti, è venuto a conoscerci. Lui è venuto anche alle nostre manifestazioni. Da un po’ di tempo c’è un’altra persona che si è affezionata a Marco, Lucio Cecchinello, ex pilota del motomondiale.
Cecchinello l’ho conosciuto per la prima volta a Vallelunga, dove si svolgeva un evento organizzato da una associazione. Nell’ambito di questo evento, persone cieche venivano portate sulle moto. Ci sono andato anche io e lì, guarda caso, c’era anche Lucio Cecchinello, che ha messo a disposizione le moto per fare fare qualche giro a queste persone. Proposero anche a me di andare in moto. Non ci ho pensato neanche una volta e ho detto subito sì. Io sono un appassionato di moto e lì ho avuto la fortuna di andare con Lucio Cecchinello. Abbiamo fatto tre giri di moto. E’ stata una cosa bellissima. E, qualche domenica dopo siamo stati ospiti d’onore del suo team. Abbiamo ricevuto un’accoglienza bellissima. Quel giorno c’era anche Ringo, quello della radio e Quagliarella, il giocatore della Juventus –la mia squadra preferita- e poi è venuto il presidente del fan club ufficiale di Valentino Rossi che mi ha portato il cappellino firmato da Valentino Rossi. che lo ha portato sempre questo Lucio Cecchinello da me, e mi ha portato il cappellino firmato da Valentino Rossi. Juventus, la squadra preferita di Marco.
-Per fortuna c’è qualcuno che riesce a ricordarsi di essere un essere umano..
Ah.. uno dei pochi personaggi importanti che non ci ha deluso è stato il Papa.
-E’ venuto da voi?
No sono andato io da lui. Dopo tanti tentativi, un giorno sono stato fortunato. Eravamo andati ad una delle udienze generali del mercoledì, senza biglietti, senza niente. Ci hanno fatto entrare tranquillamente. Io mi sedetti proprio davanti a lui. Finita l’udienza, il Papa scese sotto e passò anche da me. Io gli presi la mano e non gliela lasciai più. Gli raccontai tutto; del fatto che siamo qui, da dieci mesi, in piazza; che stiamo lottando per la vita, non solo la nostra, ma anche quella di tanti malati d’Italia, ecc. Lui sapeva di noi. Anche per via del fatto che gli avevamo spedito tantissime lettere; e poi mesi fa aveva inviato qui il suo “elemosiniere”, il quale ci portò la sua benedizione, i rosari, ecc. . La cosa che più mi colpì furono i suoi occhi, perché aveva gli occhi buoni e poi ti ascoltava profondamente. Ma non nel senso di “sì, ti ascolto, finisce e me ne vado”. Mi ascoltava intensamente invece, quasi con gli occhi lucidi. Alla fine ha voluto il mio numero di telefono.
anche spedito tantissime lettere. E comunque lo sapeva perché mesi fa aveva inviato qua il suo “elemosiniere”. La prima volta che è venuto qua ci inviato la benedizione del papa, i rosari.
-Vedo che sulla vostra tenda avete messo una sorta di numero civico, n.117 A. Come mai questo numero?
Perché quando siamo arrivati qua, la tenda piccolina che ci avevano dato, ce l’avevano montata dall’altro lato. E di là c’è il numero 117. Quando ci siamo spostati è rimasto il 117, ma gli abbiamo aggiunto l’A.
-Tutta la vicenda staminali, che non possiamo esaminare nella sua completezza in questa intervista, si collega anche al tema della manipolazione mediatica.
Certo. Hanno scritto di tutto in merito a questo trattamento, anche che nelle provette c’era il morbo della mucca pazza, l’HIV. Queste cose. Salvo poi esserci un verbale dei Nas, citato in un comunicato stampa del ministero della salute, dove si dice che le cellule sono adeguate all’uso terapeutico. Quante falsificazioni sono state spacciate per verità. Quante menzogne.
Comunque puoi trovare tanto materiale su questa tematica. Ad esempio le importantissime inchieste di Cinzia Marchegiani, che segue questa vicenda fin dall’inizio. Ti consiglio inoltre di vedere tutte le puntate delle Iene in cui si sono occupati del metodo Stamina. Soprattutto l’ultima puntata che hanno fatto su Stamina, dove hanno tirato fuori tutti i documenti che sbugiardavano il ministero della salute, perché sono loro ad avere autorizzato tutto. Stamina entra a Brescia perché avevano curato Luca Merlino, direttore Vicario Sanità Regione Lombarda. Lui aveva la sma5, non quella aggressiva che porta alla morte dei bambini. Ci sono anche i video di questo Luca Merlino. Lui era debolissimo, era prossimo alla sedia a rotelle. Con le staminali ha preso 20 kg di massa muscolare. Gioca a tennis adesso. Ha testimoniato alle Iene, anche se prima si era rifiutato.
-Quale stato l’esito per le persone che hanno finora ricevuto le infusioni?
Positivo. Alcuni hanno avuto miglioramenti; in altri casi la malattia si è bloccata. Comunque,, nella maggior parte dei casi si è trattato di miglioramenti. E parliamo di gravi malattie, come la sma e il morbo di Krabbe. L’ultimo paziente a ricevere le infusioni –un bambino- aveva la distrofia muscolare. L’infusione gli venne fatta tre mesi fa e dopo due mesi sono arrivano i primi miglioramenti. Adesso il bambino stende le gambe, non ha spasmi ai polsi. E gli hanno fatto solo l’endovena, perché se gli facevano anche l’intramuscolare, ci sarebbero stati risultati ancora più positivi.
Sono tante le storie. C’era il piccolo Gioele, un bambino che era condannato a morire. Un bambino che aveva un anno di vita e pesava 3 kg e sette. Lo vedi adesso pesa dieci kg, quasi undici kg, dopo le infusioni. Ha preso massa muscolare e un po’ di ciccia. Questo bambino è cambiato totalmente. Respira da solo. C’erano dei bambini che prima erano alimentati con i sondini e adesso mangiano le pappine. Come il piccolo Federico, che noi abbiamo conosciuto in piazza a luglio qua, prima delle infusioni, e dopo. Se tu vedi Federico adesso mangia da solo. Respira da solo. Regge il capo da solo. Ciò che prima non faceva.
-Questi ragazzi ora stanno bene, ma in seguito dovranno rifare le infusioni?
Se la malattia non si blocca sì. Adesso, dopo il blocco delle infusioni, nella maggior parte dei bambini che hanno avuto dei benefici, la malattia sta prendendo nuovamente il sopravvento. In alcuni casi la malattia è ferma. In altri no. Ci sono bambini di sma 1, bambini che al massimo all’età di due anni muoiono, che adesso sono vivi, e lo sono dopo 3 o 4 anni. C’è un esperto di sma 1, il dottor Villanova, che ha detto “vediamo.. vediamo che succede.. non ho mai visto qualcosa del genere.. non ho mai visto bambini di sma 1 avere dei miglioramenti”. Non c’è una scala che ondeggia. Va solo in discesa, fino alla morte. Quando tu vedi un bambino di sma 1 che supera i due anni, e invece di peggiorare, migliora.. “vediamo.. di cosa stiamo parlando..qua c’è qualcosa…”.. Anche John Back negli Stati Uniti, massimo esperto di sma quando ha visto Gioele è rimasto molto colpito.
-Come sorse la prima commissione scientifica che doveva occuparsi della questione?
C’era la pressione dei malati e dei loro parenti, perché ci fosse una sperimentazione che chiarisse le cose. Oggi dico che era meglio che Vannoni non lo avesse dato il protocollo, perché era una commissione farlocca. All’interno c’erano personaggi che erano contro Stamina. E infatti il Tar la fece decadere e il governo ha dovuto nominare una nuova commissione.
A proposito, noi ancora aspettiamo che ci dicano perché hanno tagliato fuori Marco Ferrari che doveva essere il presidente della nuova commissione. Ormai era stato praticamente designato. Era venuto anche in Italia. Mancava sol la nomina. Venne anche a trovarci in tenda. Una mattina si è presentato; una persona normalissima. Scarpe da ginnastica, jeans, maglietta “Io sono Marco Ferrari, il nuovo presidente della commissione scientifica”. Pensavo che era uno scherzo, perché non eravamo abituati a vedere nessuno qua. Si è seduto, ha parlato con noi. Ci diceva “ragazzi, voglio capire, voglio vedere. Io non lo so se stamina funziona, o non funziona, voglio parlare con i famigliari dei bambini, li voglio vedere, e poi voglio vedere cosa c’è dentro queste provette”. E aveva ragione..”non sono né per stamina, né contro, voglio capire, andiamo a vedere”. E poi la sera è ritornato, ha portato le castagne, la birra. E stiamo parlando di uno scienziato che dirige sedicimila dipendenti, sette ospedali, che ha 800 sperimentazioni in corso, di cui 30 sulle cellule staminali. Hanno cacciato uno scienziato così.
-E con che argomentazioni?
Non lo sappiamo.
-Tornando alle infusioni.. da quando sono state sospese..
I pazienti hanno ricominciato a peggiorare. E l’esito sarà tragico per molti, se le infusioni non riprendono. Come è stato nel caso della piccola Rita, morta pochi giorni fa, il 3 giugno. Lei aveva fatto Stamina ed aveva avuto miglioramenti, stava bene. Poi hanno bloccato tutto ed è andata peggiorando sempre più. I genitori, disperati, hanno lanciato appelli; i giudici avevano dato parere favorevole, imponendo la ripresa delle infusioni. Bisognava però trovare un qualsiasi medico disposto a farle queste infusioni; ma nessun medico ha voluto farle. Tutti i medici dell’ospedale di Brescia hanno fatto obiezione di coscienza.
-Vergognoso. L’obiezione di coscienza la fai quando, per esempio, c’è qualcuno che potrebbe non nascere, ma non quando si deve fare qualcosa che non procura nessun danno. Anche se pensi che la cura è inutile, questa resta inutile non dannosa.
La morte della piccola Rita è stato un colpo al cuore per tutti, perché a vedere le foto di quella bambina, con quegli occhioni neri, si capiva che aveva voglia di vivere, voglia di vita. Le hanno negato l’ultima speranza, che non era più una speranza, era una concretezza, in quanto lei aveva tratto benefici dalla terapia Stamina, era notevolmente migliorata e gliel’hanno bloccata. Gliel’hanno bloccata per i loro sporchi interessi, solo per questo. Sono dei criminali e, per quanto mi riguarda, sono anche assassini. Ci stanno ammazzando, perché non ci lasciano liberi. Vogliono fare venire meno le 34 testimonianze rappresentate dalle persone che hanno ricevuto le infusioni. Queste persone sono delle prove viventi. Vogliono che queste persone muoiano, tutte quante. Ed è questo che sta succedendo. E la cosa brutta è che nessuno sta facendo nulla. C’è questa terapia che ha giovato a queste persone. L’hanno bloccata e ora queste persone stanno peggiorando. E ci sono tanti bambini che ora sono a rischio di vita. Può essere questione di giorni. Ma nessuno fa niente.
Veronica: E pensa come l’ospedale di Brescia arriva a pagare 500.000 euro di spese legali per ricorrere contro i propri pazienti. Un ospedale che spende tutti questi soldi, e non 10000 euro per fare un esame di laboratorio, e ce li ha là questi laboratori, nega il motivo stesso della sua esistenza, non ha ragione di esistere come struttura.
-Riguardo a voi, da settembre ad oggi cosa è accaduto?
A livello fisico la malattia è peggiorata; perché questa è una malattia che peggiora progressivamente. In questi mesi abbiamo affrontato l’autunno, l’inverno, un inverno molto freddo. E meno male che avevamo il climatizzatore e le stufette. Anche se ci sono stati quei giorni in cui la temperatura era 0 gradi, il climatizzatore non ce l’ha fatta, però ci siamo coperti bene. Certo alzarti all’una o alle due di notte andare nei bagni chimici in fondo alla strada è brutta. Becchi la sera che fa freddo, piove. E’ sempre scomodo… già lo è per tutti.. figurati per noi..
Valeria: Le cose più banali diventano un problema. Ti devi organizzare. Ci deve essere sempre qualcuno con te, che ti metta sulla carrozzina, che ti porti in bagno, perché se no in bagno non ci vai.
Compagna: Tieni anche conto che noi a casa abbiamo lasciato la nostra famiglia. Che siamo da quasi un anno lontani dalle nostre famiglie..
-I vostri parenti vi vengono a trovare?
C: Due settimane fa è venuta sua mamma (di Marco), per la prima volta. Dopo dieci mesi ci siamo rivisti. Abbiamo pianto tutta la mattina (piange).
Valeria: E’ tosta stare qua. Oltre al disagio, alla scomodità, al fatto che non .. c’è il caldo, il freddo.. è un continuo passaggio di perfetti sconosciuti che non è che sono tutti rispettosi. E’ tosta. Sarebbe stato etico, corretto, giusto che a un certo qualcuno gli dicesse “vattene a casa un mese, qua ci stiamo noi”. Qua sempre loro ci stanno.
-Ma voi adesso, anche se venisse qualcuno a chiedervi di sostituire, voi tornereste a casa? Non credo..
Marco:..no.. ormai stiamo qui.. fino alla fine.
Compagna: Se dopo dieci mesi viene qualcuno e ci dice “adesso restiamo noi”, io dico “ma dove stavate per Natale, per Pasqua. Noi eravamo qua, ma non c’era nessuno”. Tutti si rendono conto che è molto difficile stare qua. Ormai proseguiamo.
Marco: In questi due giorni che noi non c’eravamo perché eravamo andati a fare i controlli, i Bikers mi dicevano “ma come fate?”. Però ce la dobbiamo fare.. è dura, è pesante.. a mezzogiorno, anche se c’è il climatizzatore, la tenda si scalda, i san pietrini cuociono, non puoi stare. Anzi adesso, grazie a Dio, abbiamo questa tenda. L’anno scorso non avevamo niente. Le ambulanze facevano avanti e indietro. Un sacco di volte ci siamo sentiti male, svenivano.. erano luglio e agosto..
Meno male che ci sono gli angeli come Valeria che ci danno una grande mano …
Compagna: E vogliamo parlare dei tassisti di Roma, dei bikers (motociclisti)?
Valeria: Queste persone, i tassisti e i bikers stanno dando da tempo un grande contributo ma non vogliono assolutamente apparire. E non certo nel senso che non vogliono ripercussioni. Anzi si sono sempre fatti vedere quando c’erano da farsi vedere. Ma non vogliono che ne nasca una questione di apprezzamento verso di loro. Anzi, se li ringrazi due volte di seguito, ti ci mandano.
-Questo fa capire tanto. In genere chi non vuole capire è più onesto. Come si chiamano queste associazioni?
Compagna: “Taxi Roma Capitale” e “Solidarieta’ Bikers”.
Qui dall’inizio abbiamo detto che non ci sono associazioni, non ci sono le bandiere della politica, non ci sono colori. Chi vuole stare qua si deve adeguare. Dopo dieci mesi che siamo qua possiamo dire che c’è l’associazione dei tassisti che ci aiuta, e l’associazione dei bikers che ci aiuta. Ci sono questi due gruppi che ci sono fin dall’inizio. E sappiamo che se io li chiamo di notte, loro vengono qua se abbiamo bisogno. Dopo dieci mesi noi sappiamo che sono nostri amici.
Ci hanno aiutato anche economicamente. Se c’è bisogno di fare il presidio un’ora vengono a fare un presidio. Se c’è da fare la fisioterapia, c’è da fare la doccia, ci spostano loro. La scorsa settimana si era rotto il motore della carrozzina di Marco, ho chiamato un bikers, è venuto e l’ha riparato.
Alcune volte ci chiamano e ci dicono “ragazzi stasera mangiamo con voi”. E portano direttamente loro da mangiare. Portano la pizza e qualcosa da bere.
Nel corso della conversazione sopraggiunge uno di questi tassisti che stanno supportando i fratelli Biviano e mi fermo a parlare un momento con lui.
-Tu fai parte di una associazione di tassisti, quindi?
Sì. Associazione taxi Roma capitale.
-Quanti tassisti siete?
Siamo circa duecento e qualcosa.
-Il fare iniziative di solidarietà è qualcosa che vi appartiene?
Siamo partiti effettivamente adesso, da circa un anno. Però già facevamo cose in forma anonima, perché non pensavamo di aprire una associazione, e fare cose di questo genere. Diciamo che ci aiutava nelle piccole cose; esempio se c’era da aiutare qualcuno, tipo un collega, facevamo una colletta. Un’azione più diretta nell’ambito della solidarietà la abbiamo iniziata con L’Aquila, nel 2009. Il sei è successo, il nove siamo partiti. Eravamo 60 taxi. Ogni due tre giorni partivamo, portavamo roba che serviva, alloggiavamo in aggancio con la protezione civile e poi con le varie protezioni civili dei paesini che erano stati colpiti.
Riprendo il dialogo con Marco, la sua compagna e Valeria.
Valeria: loro (i fratelli Biviano) non chiedono, non chiedono mai. E’ comunque per loro le cose più importanti non sono quelle materiali. Ciò che soprattutto vogliono è un supporto morale. I tassisti, i bikers non vengono per stare con qualcuno che considerano amico. Anche semplicemente dire “ragazzi guardate che c’avete ragione voi e noi lo sappiamo”, è banale ma per loro è importante. Guarda che può essere davvero importante qualcuno che, ogni giorno, con la sua presenza, è come se ti dicesse “ti ricordo anche oggi che avete ragione voi”.
-Mi chiedo dove sono tutti i difensori del diritto e della legalità che abbondano in questo Paese. Tutti quelli che conoscono anche i minimi dettagli di tante vicende, perché qui non rilegano dettagli grandi come una trave, e di cui nei giornali non c’è traccia? Tutti quelli che fanno sempre la predica sulle sentenze da rispettare, non le difendono queste sentenze, non si indignano quando una bambina non riceve le infusioni nonostante il giudice abbia ordinato che esse riprendessero?
Sì… qui non si stanno rispettando neanche le leggi. Ci sono delle leggi ben chiare sulle cure compassionevoli, che non vengono rispettate. Chi ci va di mezzo siamo noi malati. Noi siamo qui da quasi un anno a lottare, ci stiamo rimettendo la nostra salute in questa piazza, perché è la nostra unica speranza. È da una vita che aspettiamo qualcosa, per noi non c’è mai stata nessuna cura, nessuna terapia. L’unica speranza è questa, eppure ce la vogliono negare. Chi sono queste persone per decidere sulla nostra vita? Loro, durante le mie giornate di sofferenza, ci sono per me? Sanno come vivo io? È anche la rabbia che mi fa parlare, perché so che a casa ho altre due sorelle che stanno peggio di me. Mia sorella, circa 20 giorni fa, ha rischiato anche la vita. Oggi esiste questa speranza e non ce la fanno neanche provare. Abbiamo detto di tutto al governo: ci auto-tassiamo, ci prendiamo le nostre responsabilità, troviamo gli ospedali, cerchiamo di trovare i fondi, qualunque cosa, ma la risposta è stata no.
-Se tu dovessi dire una cosa, un messaggio, un appello, una cosa che ti esce da dentro, che diresti?
“Che non abbiamo voglia di morire. Che ci lasciassero liberi di curarci come meglio crediamo. E che soprattutto non tolgano questa speranza a chi è condannato a morire. Più male della morte cosa ti può fare.”
Parlare con una persona come Marco (ve lo dico senza affettazioni e sviolinate, tutte cose che ho sempre odiato) è un privilegio. Se passate da Roma, andata da questi due fratelli. Andate nella loro tenda. Stringete loro la mano. Fate sentire che la loro vita per voi è importante.
Quel 6 giugno restai con loro fino alle ventitré, perché si avvicinava l’orario dell’ultima partenza della metro. Altrimenti sarei rimasto più lungo. Prima di uscire dalla tenda, mi venne spontaneo dire alla compagna di Marco che era una persona notevole, e lui -che prima aveva detto con una fanciullesca ironia che era anche “troppo tempo” che la conosceva (più di dieci anni)- in quel momento mi disse “senza di lei, ora sarei morto”.
Mentre, una volta uscito fuori, camminavo in direzione metro, penso a una ragazza come Valeria che ha passato in quella tenda, durante quest’anno, gran parte del suo tempo libero. E penso ai bikers e ai tassisti. A questa solidarietà dal basso, che non mette maschere, che non cerca niente, che si muove nell’ombra, per la pura spinta di dare, per quel senso antico e supremo dell’Amicizia, che lega gli uomini agli uomini, oltre ogni convenienza, oltre ogni vanità.
Aggiornamento al 19/07/2014
Il live realizzato con la “complicità” di alcuni amici …
http://youtu.be/qF6XV8MQvA0