Ci sono vicende che partono col silenziatore e rimangono col silenziatore.
Questo sta avvenendo con l’operazione che coinvolge il trattamento delle armi chimiche nel Mediterraneo.
Trattamento dove anche l’Italia gioca un ruolo essenziale, con il porto di Gioia Tauro, in Calabria, che è stato scelto come porto per il “trasbordo” delle armi chimiche siriane.
Appunto per la cappa di silenzio che è stata calata sull’intera operazione, è necessaria qualche indicazione di massima.
La guerra civile che ha insanguinato la Siria negli ultimi anni è , bene o male, nota a tutti. Una guerra controversa, una guerra sporca, dove, quelli che erano stati dipinti come “i buoni”, è quasi certo che abbiano commesso più atrocita dei “cattivi” del regime di Assad.
Nell’agosto del 2013 un brutale eccidio di civili medianti armi chimiche, ultimo atto di una serie di ininterrotte violenze su persone inermi, è sembrato l’anticamera di una operazione di guerra internazionale.
Per una serie di motivi -tra cui l’emersione della responsabilità dei ribelli in quell’eccidio, l’opposizione russa, la “disponibilità” del regime a trattare, ecc.- si è arrivati inaspettatamente ad un accordo che impedisse l’imminente attacco da parte delle forze armate occidentali.
L’accordo ha il suo fulcro nell’operazione di “neutralizzazione” delle armi chimiche presenti in territorio siriano. Armi chimiche il cui ammontare sembra superare le 1000 tonnellate. Armi chimiche quali iprite, Sarin, VX, e inoltre i vari precursori del Sarin. Neutralizzare agenti chimici di questo genere è sempre molto complesso e pericoloso, e i Paesi che erano stati indicati, come potenzialmente “disponibili” al trattamento nel loro territorio, si sono, volta per volta, tirati indietro.
Questo ha determinato un “cambiamento d’azione”. Si decise di procedere alla neutralizzazione del materiale chimico mediante un procedimento chiamato “idrolisi” da effettuare in mare aperto.
Le armi chimiche provenienti da Creta sarebbero state caricate -in un porto del Mediterraneo- su una nave cargo americana (la Cape Ray), attrezzata tecnicamente per l’idrolisi. Questa nave cargo sarebbe andata in acque internazionali e lì avrebbe iniziato il procedimento dell’idrolisi.
I due luoghi in ballo, furono presto concretizzati. L’idrolisi sarebbe stata effettuata nelle acque al largo della costa ovest di Creta.
Il trasbordo dalle navi provenienti dalla Siria alla nave cargo Cape Ray sarebbe avvenuto nel porto calabrese di Gioia Tauro.
Alcuni scienziati greci denunciarono presto l’enorme pericolosità dell’intera operazione.
L’idrolisi in mare aperto non è mai stata tentata. E, per tutta una serie di motivazioni, i rischi per l’intero Mediterraneo sono enormi.
Nell’isola di Creta si è generata presto una reazione collettiva che ha coinvolto gran parte della popolazione, da studiosi a gente comune, dalla chiesa ai sindacati, dai comuni alle associazioni. Con alcuni grandi momenti -anche simbolici- quali il raduno avvenuto nel monastero di Arkadi il 23 marzo, nell’ambito del quale venne approvato “il manifesto di Arkadi”, una dichiarazione di alto profilo, con la quale il popolo di Creta respinge non solo una operazione, ma una visione del mondo, una ideologia di morte.
Nonostante queste cose non giungano sui nostri media, la lotta a Creta sta continuando, e prevede l’ “occupazione” con barche dell’area marittima dove dovrà svolgersi l’idrolisi. Questa è gente indomita che sa davvero cosa vuol dire “resistenza collettiva”.
Sono davvero in pochi, in Italia, a sapere della vera natura di questa operazione. Qualcuno sa che è imminente un trasbordo di armi chimiche a Gioia Tauro, me ne è a conoscenza come se si trattasse di un evento “normale”, nell’ambito di una operazione “normale”. A questa percezione hanno dato un contributo quanti si sono sforzati di dipingere questa operazione come una operazione di rouotine.
La vera percezione della pericolosità dell’evento è solo a San Ferdinando e nelle zone limitrofe, dove un gruppo di persone che hanno a cuore il territorio da mesi sta denunciando e portando avanti iniziative.
Tornando alla mobilitazione di Creta, in queste settimane grazie all’amica Flavia, che da mesi manda continuamente notizie “libere” dalla Grecia, ho potuto confrontarmi con una delle attiviste dei comitati di Creta, Katerina Fouraki, a cui ho voluto fare una intervista su quanto è avvenuto e sta avvenendo a Creta.
Ringrazio chi ha tradotto l’intervista dal greco.
Come ti chiami?
Mi chiamo Katerina Fouraki, ho 48 anni, abito a Chani, città situata al nord-ovest dell’isola di Creta. Sono laureata alla facoltà di letteratura tedesca dell Università di Atene, sono docente di lingua tedesca, e mi occupo anche di trasmissioni radiofoniche.
Quando hai sentito parlare, per la prima volta, della distruzione delle armi chimiche siriane nel Mediterraneo,?
Ho sentito una trasmissione della BBC, poco prima di natale 2013. In seguito, l’eurodeputato indipendente Criton Arsenis ha promosso all’Europarlamento una questione in merito, dopodicche’ diversi post sono apparsi in una pagina informativa elettronica. Il giorno su quotidiani locali sono stati pubblicati articoli a tal riguardo. Il professore di biologia all’ Università di Creta, Petros Limberakis, in collaborazione con Aris Moustakas ha organizzato un meeting per informare i cittadini sugli eventuali pericoli di una tale operazione. Simili iniziative sono state portate avanti anche da altri scienziati, come Vanghelis Pissias e Vanghelis Ghidarakos ad Heraklion, città situata nella parte opposta dell’isola.
Quand’è che hai deciso di prendere attivamente parte a queste iniziative ?
Subito dopo avere ricevuto le prime informazione da parte del prof. Limberakis. Abbiamo organizzato un piccolo gruppo di intervento. Il primo obiettivo di questo gruppo era raccogliere quanti più dati scientifici possibili, per continuare ad informare la cittadinanza. Abbiamo distribuito depliant informativi e appelli per incontri pubblici. Ci sono stati dibattiti e presentazioni dei nuovi dati scientifici che mano a mano venivano a nostra disposizione. Nel frattempo, stavamo quotidianamente pubblicando articoli in tutti i media locali.
Perché è un dovere andare contro questa operazione? Quali sarebbero le ragioni scientifiche, sociali e morali per un tale atteggiamento?
Qui si trova la quintessenza delle nostre iniziative contro la distruzione delle armi chimiche. Indiscutibilmente è un vero e proprio dovere; un dovere in tre dimensioni :ambientale, sociale e morale. I dati scientifici che abbiamo a nostra disposizione , fornitaci anche da professori universitari, non permettono equivoci. Dopo questa operazione, il Mediterraneo non sarà più il mare che fin’ora conosciamo.
Il lato morale ha a che fare con il sistema della guerra, con tutti gli interessi economici che vi sono nascosti dietro, e con le ripercussioni di questi a danno di tutta l’umanità. Miseria, inedia, paura, ignoranza e soprattutto sottomissione. E’ nostro dovere, dunque, dovere di tutta la società, finalmente opporsi a tutto questo, con decisione ed efficacia . Verso il nostro “quartiere”, il nostro mare, il Mediterraneo, si sta portando avanti una vera e propria catastrofe ambientale, che sarà il risultato di una guerra che i popoli mediterranei non hanno ne’ voluto , ne’ deciso e della quale non sono responsabili. E’ una questione che ci riguarda tutti. Secondo me, potrebbe rappresentare il punto di partenza per la mobilitazione e la costituzione di un fronte unito e antagonista dei cittadini .
Quali sono le argomentazioni le preoccupazioni dei scienziati greci ?
In primo luogo, bisogna andare alla decisione dell’ONU in merito alla distruzione dell’arsenale chimico siriano. Si tratta di 1250 tonnellate di armi chimiche, come il Sarin, l’iprite (il cosidetto gas mostrarda) e 1240 tonnellate di precursori chimici. Diversi paesi (Francia, Germania, Belgio, Norvegia, Albania), anche se dispongono dei mezzi necessari, hanno rifiutato di permettere la distruzione nel loro territorio. Dopodiché si è deciso per procedere per l’idrolisi in altro mare; nelle acque internazionali del Mediterraneo.
Queste sono le preoccupazioni espresse dagli scienziati greci:
a) Il Mediterraneo e’ gia’ un mare chiuso e abbastanza problematico, con “acque internazionali” che distano solo ancuni chilometri dai maggiori porti turistici di Italia, Grecia e Malta.
b) E’ la prima volta che si sta tentando l’idrolisi a bordo. Tutta l’operazione ha l’aria di un esperiemento in un’area marittima densamente abitata.
c) Non ci sono analisi scientifiche sulle eventuali ripercussioni ambientali in caso di incidente.
d) L’idrolisi deve essere interrotta in caso di mare leggermente mosso (onde di quasi 2 metri, 3-4 beaufort). In quest’area c’e’ di solito un vento di 5-6 beaufort e si tratta di una regione altamente sismogena.
e) per gran parte dell’operazione, sono indispensabili spostamenti di pesanti carichi, con maneggi molto delicati ecc.
Si è deciso di ignorare i pericolo per l’ambiente e la salute pubblica degli abitanti del Mediterraneo, al fine di trovare una soluzione auna crisi militare e politica. La nostra proposta e’ semplice : Quelli che hanno prodotto e venduto le armi chimiche, con enormi guadagni, devono accettarle e gestirle nei loro territori. La produzione di armi chimiche dev’ essere vietata a tutto il planeta.
Come mai tanta gente si e’ mobilitata in un fronte unitario? Come mai queste iniziative hanno avuto tanta partecipazione? In qual modo siete riusciti a risvegliare la coscienza dei cittadini?
Inizialmente c’era solo la preoccupazione della gente semplice. L’organizzazione della resistenza non e’ pero’ emmersa dal nulla. Esistevano luoghi di socializzazione, come per esempio la Casa Sociale di Chania, da dove è partito il coordinamento e il contatto con le istituzioni di ogni livello. C’era anche l’esperienza degli “indignados” delle piazze, e delle reti di solidarieta’ , apparsi gia’ all’emmergere della crisi.
Alle prime riunioni abbiamo invitato sindacati professionisti, associazioni commerciali, rappresentanti dei Comuni, rappresentanti della Chiesa locale, partiti e varie organizzazioni. Abbiamo messo realizzato una vasta e variegata rete di contatti , cominciando dal singolo cittadino, fino alle più elevate forme di rappresentanza.
Come unico presupposto c’era la partecipazione equa di tutti, e la disponibilità di resistere e lottare. Andando avanti, abbiamo ottenuto l’appoggio di attivisti, sindaci, artisti, politici, giornalisti ecc. Ci sono stati articoli, interventi in Parlamento, poesie, danze popolari, riunioni, manifestazioni. Tutti hanno contribuito all’informazione e alla partecipazione di massa. Nessuno può parlare, ormai, di mancanza di informazione.
Qual’è stato il comportamento del governo Greco? Cosa avete capito dalla discussione svolta al Parlamento greco , su questo argomento? Quali iniziative legali sono state portate avanti?
Si è riusciti a portare la questione al Parlamento greco. Abbiamo seguito da vicino il dibattito, e abbiamo avuto l’occasione di incontrare il vice Ministro degli Esteri, signore Kourkoulas. La nostra impressione è che il governo greco sia totalmente sottomesso alle forze che gestiscono questa operazione, e che hanno preso le decisioni all’ONU. Non abbiamo avuto la minima risposta alle nostre questioni sulla posizione riguardo agli eventuali pericoli che si stanno correndo. Non ci hanno dato la minima attenzione, oppure ci sono state delle risposte scarse e ambigue. In linea di massima, siamo di fronte ad un governo che non tiene conto dei parametri del problema, rimane indifferente di fronte ai problemi dei cittadini e si comporta con arroganza a tutta la comunità scientifica del nostro paese.
Come siamo si è arrivati al grande raduno di Arkadi ? Che cosa è successo lì ?
La grande concentrazione di Arkadi del 23 marzo era già ‘stata preceduta da una riuscita manifestazione presso il porto di Souda a Chanià il 9 marzo; anche se allora l’informazione non si era diffusa completamente e il brutto tempo di quel giorno non aveva aiutato. Ad Arkadi ci sono state persone provenienti da tutta l’isola . Il posto in sé, per le sue vicissitudini storiche, è carico di emozione per tutti i cretesi, come luogo di tormento e di sacrificio per la libertà . Ad Arkadi si sono incontrati scienziati, letterati , musicisti , sindaci energici , uomini dei partiti e de i sindacati , scuole , genitori. Persone venute da interi villaggi. Oltre 10.000 persone si sono radunate con entusiasmo e spirito militante. E ‘importante che nel bel mezzo di una crisi che rende incerto il pane quotidiano , queste persone siano state tante. La riunione di Arkadi ha raccolto molta folla perché la richiesta era essenzialmente semplice : si chiede di mantenere il Mediterraneo come mare vivo per i coloro che abitano vicino ad esso. Non era la fine , ma una stazione di partenza importante.
Ho saputo anche dell’azione legale che è stata intrapresa.
E’ stata presentato un atto al Procuratore della Corte Suprema (Corte Suprema greca) dove viene denunciato che il trasporto, il deposito temporaneo, il trasbordo di armi chimiche, dalla Siria entro i confini dell’UE, con riferimento specifico al trattamento mediante idrolisi, sono in netto contrasto con il diritto greco, europeo e internazionale.
Chi sono I vostri amici e chi è contro di voi?
Stanno dalla nostra parte tutti i semplici abitanti di Creta, come anche i cittadini coscienti di tutto il paese. Abbiamo avuto appoggio dai due partiti dell’opposizione, Syriza e Anel. La Chiesa di Creta –che è autonoma dalla chiesa greca -che dipende direttamente dal Patriarcato Ecumenico degli ortodossi di Isanbul- sta totalmente dalla nostra parte. Abbiamo l’appoggio di molti Comuni , come anche della Regione di Creta. Piu’ di 600 associazioni e movimenti greci hanno sottoscritto la nostra dichiarazione. Sono dalla nostra parte molti scienziati europei e americani. Ovviamente, abbiamo anche dovuto fare I conti con la indifferenza, il sospetto , anche con l’ostilita’ vera e propria del governo Greco, della politica “main stream”, e dei massmedia filogovernativi, come anche dei grandi canali televisivi. Manifestazioni di 10.000 persone sono state totalmente ignorate.
Secondo te sarebbe utile se navi , provenienti da altri paesi, venissero ad appoggiare l’iniziativa che state immaginando, quella di ostacolare con vostre barche l’operazione di idrolisi nel mare al largo di Creta?
Assolutamente si’ ! Abbiamo bisogno della massima solidarieta’. Si tratta di un problema che riguarda tutti i popoli del Mediterraneo, e questo rende necessaria la globalizzazione dell’iniziativa, come presupposto per impedire il progetto di idrolisi. Alla supremazia e alla potenza delle grandi forze della guerra, noi vogliamo rispondere con nostra solidarieta’, l’unica ‘arma” che noi abbiamo a dispozizione. Condividiamo le lotte, come stiamo condividendo anche i problemi ed I pericoli !
Che cosa avete imparato da tutto questo? La vostra vita sara’ quella di prima, da ora in poi?
Dormo male, ho un sonno inquieto , e angoscioso. Ho meno fiducia ai governi e a quelli che gestiscono la vita dei popoli. Dall’ altro canto, mi sono resa conto che nessuno e’, o deve rimanere, solo, da ora in poi ! Ηο imparato bene che solo coordinando le nostre lotte possiamo ottenere dei risultati , possiamo muovere le montagne, possiamo pulire il mare. E’ chiaro ormai, che la Siria non e’ affatto lontana, che gli italiani sono fratelli , e mi sento quasi …cittadina di Malta.