Questa è la terza intervista che pubblico sul caso Stamina.
La prima fu quella ai fratelli Biviano che, da più di un anno e mezzo, sono accampati, con le loro sedie a rotelle, in una tenda davanti a Montecitorio, per chiedere il diritto, per se e per altri ad avere una speranza di cura.
La seconda quella a Tiziana Massaro, madre del piccolo Federico, e agguerritissimo avvocato a difesa dei diritti delle persone malate.
Oggi pubblico quella a Giuseppe Camiolo, padre di Smeralda.
L’intera vicenda Stamina ha ricevuto, da parte dei media, una narrazione parziale, caricaturale, tendenziosa.
Narrazione legittimata dalle dichiarazioni di quasi tutti gli “autorevoli” commentatori che sono intervenuti su di essa.
Ciò che si è voluto rappresentare è stato un film, un film che entra in scena sempre, in casi del genere.i
Un film dove scaltri approfittatori sfruttano la disperazione di persone pronte a tutto per salvare la propria vita e quella dei propri cari.
Dia una parte la seria e autorevole medicina ufficiale basata sull’evidenza, e ai suoi “certificati” rappresentanti. Dall’altra un esercito di figure grottesche che cerca di piazzare, a persone rese mentalmente incapaci dal dolore, stregoneschi intrugli tossici.
Se poi si aggiunge qualche inchiesta per truffa, il “pacchetto” è pronto.
E si resta là, ancorati ai propri film, ai propri archetipi, alle proprie idiosincrasie, alle proprie pigrizie mentali, alle proprie parole d’ordine.
Il fatto che una storia non corrisponda esattamente a questo film, conta poco.
Peggio per la “realtà”, che ha la colpa di non assecondare gli schemi che abbiamo fatto nostri.
E tante elementi scompaiono, derubricati quasi alla non esistenza. E tante sono le cose che ci si dimentica di fare emergere.
Nello specifico del caso Stamina:
- Che va distinto quanto avvenuto prima di Brescia, e quanto avvenuto a Brescia, con le infusioni somministrate sotto la supervisione dei medici degli Spedali Civili e alla luce di un regolare accordo di intesa che ha coinvolto la struttura pubblica.
- Che le inchieste su Vannoni, per fatti precedenti a Brescia sono una cosa; e gli effetti sui pazienti della somministrazione delle infusioni un’altra.
- Che nella maggiranza delle 34 persone che a Brescia hanno ricevuto le infusioni, sono stati riscontrati effetti positivi, completamente inattesi, e quasi sempre “impensabili”, considerati neanche possibili. E sono stati soprattutto i bambini ada avere avuto i maggiori effetti positivi.
- Che non ci sono stati effetti collaterali. Che gli stessi medici degli Spedali di Brescia hanno dichiarato come, su 400 infusioni effettuate, non vi siano stati effetti collaterali.
- Che i medici degli Spedali Civili, finché non è intervenuto il blocco dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) nel 2012, effettuava di buon grado le infusioni.
- Che il blocco dell’Aifa venne superato dai tribunali diedereo ragione ai genitori dei bambini che stavano ricevendo le infusioni, ordinando che le stesse venissero riprese.
- Che nel 2014 intervenne il decreto Balduzzi che autorizzava la continuazione della cura per coloro che l’avevano già iniziata.
- Che le cure erano “legittimate”, anche in assenza di sperimentazione, dal decreto Turco-Fazio del 2006 sulle cure compassionevoli. Decreto che consentiva la somministrazione di cure, anche se non ancora sperimentate, e purché in assenza di effetti collaterali (e questa condizione era stata realizzata) a soggetti affetti da grave patologia a rapida progressione in assenza di valida alternativa terapeutica, soggetti in pericolo di vita o che rischiano gravi danni alla salute.
- A quel punto, nel corso di questo stesso anno, sulla scia della prima commissione scientifica che venne poi “bocciata” dal Tar, decidono di fare “obiezione di coscienza di massa”.
Tutti quelli che hanno parlato della “truffa” portata avanti da Stamina, tutti quelli che hanno preso l’inchiesta di Guariniello (che riguarda tra l’altro fatti precedenti a Brescia) come prova di condanna, tutti quelli che hanno parlato di cure che non potevano essere somministrate, tutti quelli che hanno appoggiato l’”obiezione di coscienza di massa” dei medici di Brescia, tutti i difensori “a corrente della legalità” non hanno capito, o hanno fatto finta di non capire, o hanno voluto “dimenticare” i punti prima indicati.
E quasi nessuno ha detto che il blocco delle infusioni è grave comportamento posto in essere in violazione di atti legislativi e di sentenze dei tribunali.
Non vado avanti nella ricostruzione della vicenda, perché l’intervista che seguirà è già (come le precedenti due) corposa.
Giusto un’ultima considerazione.
Parlando con Giuseppe Camiolo, capivo come deve essere un padre.
Capivo cosa vuol dire essere padre all’ennesima potenza.
Essere capaci di un sacrificio estremo, che segna tutti i tuoi giorni..
Giuseppe e la moglie non possono mai uscire insieme.
Smeralda è “ricoverata” in casa. Uno dei due deve (tranne poche ore di assistenza domiciliare) restare sempre in casa.
Sono prezzi estremi che può pagare solo chi è capace di un amore totale, di una dedizione totale.
Vi lascio al testo dell’intervista :
-Giuseppe di dove sei
Sono catanese
-Quanti anni hai?
44
-Quale è stato il tuo percorso?
Ho vissuto tanti anni fuori e poi, quando sono rientrato in Italia, ho iniziato ad occuparmi di alcune proprietà di famiglia, trasformandole in azienda agricola. Stavamo per fare un’ulteriore trasformazione di queste proprietà in azienda agrituristica, il progetto stava per essere presentato alla Regione e finanziato dall’Europa; ma purtroppo tutto questo è coinciso con il periodo in cui sono nate le bambine, ovvero quando la nostra vita è stata totalmente rivoluzionata. Avendo una bambina che combatte tra la vita e la morte, ricoverata in ospedale, senza alcuna previsione sulle aspettative di vita né sul periodo di degenza in ospedale, ho rinunciato ai progetti e non ho più seguito questa attività che mi costringeva a vivere fuori, poiché l’azienda è a 100 km da dove viviamo.
Da quel momento la mia vita è cambiata. Ho iniziato a fare il papà che andava a lavorare presto, alle 4:00, per 4 o 5 ore, più per distrazione che non per realizzazione o soddisfazione economica. Adesso sono un papà a tempo pieno, perché la bambina purtroppo riesce ad avere solo 2 ore la mattina e 2 ore il pomeriggio di assistenza, quindi è chiaro che ci sono altre 20 ore scoperte che vanno distribuite tra la mamma e il papà, quindi materialmente è impossibile lavorare
– Eventi così estremi non sono facili da reggere e spesso ne risente l’armonia dei rapporti familiari, nel vostro caso cosa è successo?
Queste sono situazioni che sicuramente vanno al di là delle normali prove che una vita normale può riservare, quindi sono delle prove speciali che probabilmente servono anche per mettere alla prova l’unione della famiglia. In questi casi, anche quando le cose vanno male, nessuno può permettere di giudicare, perché sono contesti così duri, che ogni reazione o scelta merita comprensione. Io sono un papà che ha preso di petto tutta questa vicenda e quindi non posso guardare con rispetto un papà che fugge.
Posso capire il perché fugge, sapendo che è una situazione troppo forte e difficile da gestire, ma sicuramente non lo rispetto perché, per me, se la vita ti mette dinanzi ad una prova, sei uomo quando l’affronti. Scappare è molto facile, mentre per la persona ed il figlio che abbandoni diviene tutto molto più difficile. È ovvio che nel nostro caso ci sono stati e continuano ad esserci dei momenti molto difficili, di tensione, di nervosismo, di stanchezza, e situazioni che mettono a dura prova la famiglia; però, per fortuna, noi riusciamo sempre a ridimensionare tutto e, dopo poco, ad essere ancora più propositivi per andare avanti. Qualunque famiglia vive momenti difficili e di tensione, figurati una famiglia che vive una difficoltà così grave.
-Quanti figli hai?
Nicolò che è nato ad ottobre del 2009 e a marzo del 2011 sono nate le bambine. Nicolò ad ottobre compirà 5 anni, mentre Alice e Smeralda ne hanno 3 e mezzo.
-Come è emerso il problema, quando ve ne siete accorti?
Immediatamente. Smeralda era una bambina sanissima, insieme alla sua gemellina, aveva fatto tutto il suo percorso in maniera eccellente. Avevamo fatto tutti i tipi di esami, sia le bambine che mia moglie – addirittura sono state fatte due amniocentesi perché le bambine sono eterozigote – e da questi esami si evinceva che le bambine stavano benissimo. Il primo azzardo possiamo dire che l’ha fatto chi ha seguito la gravidanza nel programmare il parto, che era un parto gemellare e quindi si sarebbe dovuto programmare almeno 15 giorni prima del termine, cosa che fanno tutti; è risaputo che si fa così. Invece chi a seguito la gravidanza di mia moglie ha voluto che si arrivasse a termine con la gravidanza e quindi ….
-Perché si anticipa il parto gemellare?
Perché solitamente, essendo due parti, si raggiungono dei pesi che possono essere anche eccessivi. Nella normalità i gemelli nascono addirittura prematuri. Un conto è far nascere due bambini che pesano 2 kg e mezzo, che sommati fanno un parto di un bimbo di 5 kg, quindi già un parto difficile, altro conto è non programmare un parto anticipato, essendo consapevole che se la gravidanza va avanti le bimbe continueranno a crescere. Naturalmente questo è da tenere in conto se si vuole un parto naturale, perché se si fa il cesareo il peso non ha importanza.
Smeralda e Alice alla 37º settimana, quindi due settimane prima del termine, pesavano circa 2,7-2,8 kg, erano perfettamente formate, erano due bimbe normali, ed una persona lucida le avrebbe fatte nascere. Di solito i bambini, non i gemelli, nascono con questo peso, quindi la prudenza avrebbe dovuto suggerire di far nascere queste bimbe, invece la gravidanza è stata fatta arrivare alla 39º settimana e mia moglie è arrivata in pronto soccorso con le doglie. Quando le bambine sono nate pesavano complessivamente 7 kg, quindi erano molto grandi ed invece di far fare un parto cesareo, cosa che sarebbe stata più sicura, più rapida, meno dolorosa, hanno preferito far fare un parto naturale, così Alice è nata, dopo 40 minuti, perfettamente sana, senza alcun problema e dopo sono iniziati a succedere degli eventi, che per noi sono stati dettati da superficialità e negligenza da parte di chi era in sala parto, inoltre strumenti e macchine si sono rotte.
C’è un procedimento legale in corso, che vede anche il CTU del giudice aver censurato al 100% tutto l’operato di chi era in sala parte, ovvero ci ha dato ragione, però il procedimento legale è ancora in corso e finché non ci sarà la sentenza questo sarà il nostro punto di vista. Nei fatti sembra che Smeralda da bambina sana -a causa di una serie di negligenze che hanno messo a rischio la vita della bambina e quella della mamma- è stata costretta a vivere una vita seriamente danneggiata per due anni e mezzo dentro una struttura protetta.
-Quando ve ne siete accorti?
Immediatamente perché Smeralda è nata con un arresto cardio-respiratorio, con indice Apgar 0. Hanno dovuto da subito intubarla e ci hanno detto che la bambina sarebbe potuta morire da un momento all’altro. Dopo è stata trattata con la terapia del freddo, la cooling therapy, che consiste nell’avvolgere i bambini in delle speciali coperte che abbassano notevolmente la temperatura corporea e cerebrale, proprio per cercare di rallentare i danni che possono essere in corso;
ma il quadro clinico era devastante, tant’è che noi da subito abbiamo assunto la prospettiva che Smeralda da un momento all’altro ci avrebbe lasciati. Nelle prime due settimane di UTIN -unità di terapia intensiva neonatale- quando entravo, la prima cosa che chiedevo era se Smeralda fosse viva.
Questo è stato il risvolto all’indomani di un giorno che avrebbe dovuto essere tra i più belli della nostra vita. Quindi, da subito, noi abbiamo convissuto con il rischio della morte e poi con la certezza che Smeralda avrebbe condotto una vita da vegetale per sempre, ma con la speranza sulle sue aspettative di vita, senza mai perdere di vista l’idea che Smeralda non avrebbe mai interagito con l’esterno. Tutto questo fu chiaro da subito e venne in seguito consolidato dai dati che venivano fuori dagli esami clinici, i quali evidenziavano i danni devastanti che le avevano causato al sistema cerebrale.
Due possibili soluzioni avevamo a disposizione: o prendere quel fagottino e portarcelo a casa per prenderci cura di lei senza che avessimo alcuna esperienza, e questo equivaleva a lasciarla morire, oppure – per chi crede nella vita, per chi crede che finché c’è vita c’è speranza, come noi – l’unica altra strada da percorrere era quella di iniziare a cercare tutto quello che nel 2011 la ricerca, la scienza, la medicina offrivano per i bambini che avevano subito questo genere di danni.
-Quindi fu da subito evidente che, se Smeralda fosse sopravvissuta, l’avrebbe fatto in condizioni estremamente problematiche.
Sì, capimmo subito che avrebbe vissuto in condizioni gravissime.
-Ma qual è la terminologia che esprime la sua situazione?
Lei avrebbe dovuto vivere per sempre in uno stato di coma vegetativo, senza poter fare alcun movimento, senza dare nessun segno, nessuna risposta.
-Ma nonostante vi avessero detto questo, voi volevate cercare una qualunque possibile alternativa
Noi eravamo dentro una UTIN, dove vedevamo morire bambini con una frequenza normale per dei reparti estremi come quello, quindi vivevamo con la consapevolezza, anche se cercavamo di esorcizzarla, che la nostra bambina sarebbe potuta morire da un momento all’altro, quindi noi abbiamo accettato quello che c’è successo ed il tempo è servito a far maturare la consapevolezza circa la gravità delle condizioni di nostra figlia.
Di contro, però, vedevamo una bambina che. invece di sfiorire, combatteva. Era forte rispetto ad altri bambini. Riusciva a superare cose che facevano invece morire altri bambini. Perciò eravamo consapevoli di due cose: la gravità della sua condizione e la forza che nello stesso tempo aveva ed ha questa bambina, una bambina sana e perfettamente formata. Probabilmente è stato questo a far sì che nelle prime settimane del primo mese superasse quello che altri non riuscivano a superare.
Noi, consapevoli di avere una piccola guerriera che provava a vivere nonostante il male che le avevano fatto, da genitori ci siamo sentiti orgogliosi di lei e quindi in dovere di provare ad aiutarla per cercare quantomeno di migliorare le sue condizioni. Abbiamo quindi iniziato quel percorso di ricerca che ho tante volte raccontato. Abbiamo contattato diversi centri d’eccellenza, dagli Stati Uniti al Canada, che trattavano con le staminali, perché la medicina classica finisce davanti ad una paralisi cerebrale, quindi l’unica speranza era legata alle ricerche sulle staminali;
tant’è che abbiamo contattato la Standford University, il professor Miur a Glasgow, una famosa dottoressa che lavora in Olanda, ci siamo confrontati con molti, sottoponendo alla loro attenzione la condizione clinica della bambina e tutti ci hanno diversamente risposto, chiedendo il cordone ombelicale della bambina, oppure dicendo che non si occupavano di bambini così piccoli, altri dicevano di essere in una fase di pre-clinica. Comunque abbiamo iniziato a farci una cultura, confrontandoci con persone molto esperte. Abbiamo chiesto anche in Italia; e qualcuno ci ha risposto e qualcun altro no.
-La vostra ricerca era fondamentalmente orientata verso le staminali quindi.
Sì, ma eravamo assolutamente vergini sul tema. Per noi staminali significava staminali di cordone ombelicale, piuttosto che embrionali, piuttosto che mesenchimali. Eravamo in una fase in cui ancora non conoscevamo questo mondo, ma sapevamo che c’erano diverse strade che si stavano intraprendendo. Durante queste nostre ricerche abbiamo incontrato Stamina, sulla quale abbiamo fatto un approfondimento perché, pur essendo il 2011, c’era già tanto su di loro.
C’era chi raccontava vicende del Burlo Garofano di Torino, dove la stavano praticando. Quindi abbiamo preso la nostra scelta, cioè quella di contattare Stamina e di farci una nostra idea sui personaggi. Non ci siamo mai affidati a venditori di fumo o stregoni, infatti le mie figlie sono nate in un ospedale pubblico, non in una clinica e questa è l’espressione massima della fiducia nelle regole e nelle istituzioni. Non avremmo mai affidato nostra figlia a qualcuno che non ci avesse dato delle garanzie. Stamina, appunto, ce le ha date.
Innanzitutto non ci hanno mai promesso miracoli né che la bambina avrebbe potuto fare capriole, però ci hanno promesso che avrebbero fatto di tutto per aiutarla e questo per un papà è già una prima cosa positiva. La seconda cosa positiva, che però metto al primo posto, è che non ci hanno detto di portare nostra figlia in qualche studio privato, ma ci hanno detto che l’unico modo per aiutare la nostra bambina, nelle sue gravi condizioni, era rappresentato dall’accordo che stavano provando a chiudere con un ospedale d’eccellenza in Italia.
Questo per me ha significato una garanzia ulteriore. Un accordo con un ospedale pubblico, l’ospedale di Brescia, non poteva che essere una garanzia, per cui ho atteso con ansia l’esito di questo accordo, che poi è stato siglato ad agosto 2011 e di questo accordo ho ricevuto la documentazione. Da qui è iniziato il percorso di Smeralda, che viveva all’interno di un ospedale pubblico, in una struttura protetta.
Il personale medico di Catania aveva con Stamina rapporti assolutamente marginali. I rapporti che si sono instaurati sono stati tra la struttura ospedaliera di Catania e la struttura ospedaliera di Brescia, per cui la bambina è entrata a Brescia tramite il sistema sanitario nazionale. Il comitato etico dell’ospedale di Brescia ha valutato la condizione di Smeralda, ritenendo che per Smeralda non esistesse alternativa terapeutica; era una bambina con una brevissima aspettativa di vita, insomma era il caso per antonomasia che si prestava a ciò che sono le cure compassionevoli.
Inoltre c’è da dire che nel progetto che si stava iniziando a Brescia, Smeralda era l’unica bambina che non aveva una malattia neuro-degenerativa, quindi Smeralda è una bambina di fatto sana che ha fatto un trapianto autologo di cellule staminali. Poi è chiaro che, se si entra nel merito, nel trapianto autologo in questione c’è una manipolazione delle cellule da parte di Stamina che non le rende più autologhe, ma lavorate.
Comunque a Smeralda vengono infuse le sue stesse cellule, mentre per tutti gli altri le cellule provengono da donatore, perché, ovviamente, un bambino che ha una malattia neuro-degenerativa non può usare le sue cellule. Smeralda è stata la prima bambina ad essere trattata con questa metodica all’età di 10 mesi, la prima bambina al mondo con paralisi cerebrale infantile che aveva iniziato un percorso che a quei tempi sembrava assolutamente lecito, legale e scientificamente solido. Tutto si stava facendo in un ospedale pubblico e questo mi aveva dato serenità e sicurezza. Così iniziò il nostro percorso a gennaio del 2012.
– Come iniziò tecnicamente questo percorso di Smeralda con le staminali?
A dicembre del 2011 venne fatto a Catania stessa carotaggio osseo, prendendo un pezzettino di osso di Smeralda, che venne poi trasportato con un aereo privato fino a Brescia, dove doveva essere lavorato, e dunque lì hanno iniziato a lavorare le cellule di Smeralda, cellule che a fine dicembre erano pronte. Le sue cellule agli esami risultarono vitali e pure al 100%, ricordo che il professore disse che mai avevano avuto delle cellule così vitali, ma questo era ovvio perché erano cellule di una bambina sana.
-Chi era il professore che ti ha detto questo?
Il dottor Andolina. Ma anche il professor Vannoni e i biologi dell’ospedale. Anche chi lavorava in ospedale ha certificato la qualità delle cellule di Smeralda; per cui eravamo tutti molto felici ed infatti a gennaio abbiamo potuto fare il primo viaggio con Smeralda, che è stata trasportata grazie ad un volo del 31º stormo, che fa servizio di assistenza sanitaria, oltre che trasporto delle personalità politiche. A quel punto Smeralda a Brescia ha fatto la sua prima infusione, siamo rientrati e poi a fine marzo ha fatto la sua seconda infusione, seguendo la cadenza temporale che era stata prevista; cioè fare ogni infusione al massimo entro due mesi dalla precedente. Tra le prime due infusioni Smeralda ha iniziato a mostrare dei cambiamenti; che sono stati quelli più importanti e significativi di tutto il percorso.
-Quindi i cambiamenti hanno iniziato a verificarsi fin dalla prima infusione.
Possiamo dire di sì. Ovviamente ci sono dei tempi, la prima infusione è stata fatta a gennaio e loro ci spiegarono che, tecnicamente, non prima di circa 20-30 giorni si sarebbe potuto cominciare ad osservare qualcosa. Comunque fin dalla prima infusione ci sono stati dei segnali, ma dopo la seconda i segnali hanno iniziato ad essere importanti. Una bambina che non poteva respirare, che era attaccata ad un respiratore con un buchino alla gola, una bambina che non si muoveva, che teneva gli occhi chiusi, insomma una bambina in coma; iniziò a mostrare cambiamenti, quali movimenti spontanei, iniziò a spalancare gli occhi, iniziò ad avere una forte lacrimazione.
Ma la cosa più importante è che iniziò a dimostrare una volo ed un’attività respiratoria che non aveva mai avuto prima e questo è stato verificato dal personale medico che era 24 ore su 24 con lei. Si era arrivati al punto di poterla staccare dalla macchina, cosa che prima era assolutamente impensabile. E così avevano iniziato a farla respirare per qualche ora, poi per molte ore e poi fino a 24 ore di seguito.
I medici mi dissero che addirittura era arrivata a riuscire a respirare autonomamente per 3 giorni di seguito. Tutte queste cose per dei genitori non rappresentano delle illusioni, nel senso che io non pensavo che dopo qualche tempo mia figlia avrebbe fatto delle capriole; siamo consapevoli che al paragone di una vita normale tutto questo non è niente. Il respirare può sembrare una cosa fondamentale quanto elementare, ma per noi questo ha voluto dire poter mettere la bambina su un passeggino, piuttosto che tenerla in braccio. Teniamo conto che Smeralda da diagnosi e’ “cronica” nella respirazione così come al livello neurologico, che tradotto equivale a dire “così è e così resta”.
Per un genitore che ha subito un dolore così forte e per una bambina che è costretta a stare in un lettino 24 ore su 24, questo è un enorme passo in avanti. E dico questo da un punto di vista umano, perché da un punto di vista scientifico penso che, quantomeno, la curiosità, il dubbio non possono non sorgere di fronte a delle evidenze come queste. Quelle che ha fatto Smeralda sono cure compassionevoli e quindi non potremo mai avere una certezza se non si fa un percorso sperimentale che si basa su altri dogmi, però le cose che abbiamo visto il dubbio non possono non farlo venire. C’è stato poi il famoso blocco di maggio 2012 e da quel momento è precipitata tutta la vicenda.
-Il blocco ci fu dopo che Smeralda fece la seconda infusione?
Sì. Dopo la seconda infusione arrivarono i Nas, accompagnati da rappresentanti dell’Aifa. Così cominciò quella storia che oggi è diventata una vicenda sotto tantissimi aspetti grave e con troppi punti oscuri, che però a noi sembrano di facile lettura. Quindi, mentre stavamo facendo una terapia, iniziata mesi prima, arrivò qualcuno che bloccò tutti, dicendo che quelle cose erano pericolose ed è stato facile rendersi conto che, chi diceva che erano pericolose, erano le stesse persone che prima avevano autorizzato questo trattamento. Iniziò subito la nostra confusione e il nostro disappunto.
Ci avevano fatto iniziare il trattamento dentro un ospedale pubblico ed i bambini che lo stavano facendo stavano relativamente bene, addirittura avevamo assistito a dei piccoli cambiamenti che potevano definirsi dei miglioramenti e quindi è stato normale chiedersi il perché non avessero fatto prima quel tipo di verifica, invece di farlo a terapia già iniziata. Di conseguenza è iniziata la nostra richiesta di risposte rivolta a tutte le forme di istituzione. Ricordo di avere scritto, in quel periodo, all’Aifa, al Centro Nazionale Trapianti, all’Istituto Superiore di Sanità.
Ho scritto anche al Procuratore della Repubblica di Brescia, al Prefetto di Brescia e al Presidente della Repubblica. Di tutti questi mi rispose solo il Prefetto che, in maniera assolutamente delicata, elegante e soprattutto umana, si mise a disposizione nel limite dei suoi poteri; ma lui poteva fare poco, istituzionalmente non era la figura che poteva aiutarci. Ci risposero anche dalla segreteria della presidenza della Repubblica che, presa coscienza della gravità della nostra situazione e affranti per quello che era successo, ci rimisero all’Aifa. Ci dissero, cioè, che avevano già dato all’Aifa mandato di contattarci.
Praticamente ci misero nelle mani del nostro aguzzino, perché Aifa è la responsabile del blocco. Comunque apprezzammo molto il fatto di aver ricevuto una risposta e, dopo poco, ci arrivò una lettera da parte di Aifa, con la quale non si faceva altro che ribadire i punti dell’ordinanza che di fatto aveva bloccato le infusioni a Brescia. Con questa lettera, insieme ai miei legali e con il supporto di specialisti, cercai di aprire un canale di dialogo proprio con Aifa, nella persona di Luca Pani, perché la lettera era stata appunto firmata da Luca Pani. Con la nostra risposta andammo ad analizzare ogni singolo punto dell’ordinanza, adducendo le nostre motivazioni, cercando di contestare in maniera lecita ed educata tutti i vari punti e nel fare questo, ripeto, ero sostenuto da legali e specialisti.
-Cosa rispose Pani?
La risposta di Pani era firmata di suo pugno, cioè non era un prestampato. In quella lettera c’era una risposta al genitore, quindi la vicinanza e addirittura la comprensione verso la capacità di un genitore di sfidare le leggi della gravità, pur di attaccarsi ad una speranza. Questa cosa io la lessi come un modo velato per definirmi un idiota.
Chi conosce le leggi della gravità non le sfida; so benissimo che se mi butto da una finestra cado a terra e muoio. La prima cosa che feci fu rispondere a Pani, ringraziandolo del pathos che aveva messo nello scrivermi da uomo ad uomo, ma rassicurandolo anche sul mio non essere un idiota e quindi sul mio non sfidare nessuna legge di gravità. Ci fu poi ancora una sua risposta che era una non-risposta, perché alle contestazioni fatte ai vari punti, lui non rispose, ma glissò rispondendomi che c’erano 10 cell factory autorizzate e a norma, secondo quanto pretende lo Stato.
Tra l’altro alcune di queste erano addirittura delle SPA, quindi parliamo di società private. Comunque non mi ha dato un referente, non mi ha dato un nome di una equipe, non mi ha dato un appuntamento. In sostanza mi ha detto che, da una parte comprendeva la condizione dei genitori, che in fondo siamo degli idioti perché di fronte a queste cose saremmo capaci di andare dagli stregoni e di credere a qualunque cosa, e dall’altra parte ha fatto un elenco di posti dove andare;
come a dire: “Veditela tu!”.
Dissi a Pani che se voleva avere con noi un confronto chiaro e trasparente su quanto stavamo discutendo si poteva anche continuare, ma se doveva mandarmi messaggi di compassione,pieni però di nulla, avremmo potuto considerare concluso il nostro rapporto epistolare; e così è stato, infatti non rispose più perché non aveva niente da rispondere. Di fronte a tutto questo silenzio delle istituzioni, è chiaro che, come genitori, oltre a sentirci abbandonati, abbiamo trovato una carica in più perché, sentendoci offesi e ritenendo un’ingiustizia quella che stava avvenendo, ci siamo sentiti con il papà di Celeste, Gianpaolo Carrer, e con il nonno di Daniele Tortorelli, Vito Tortorelli.
Noi 3 ci siamo uniti ed abbiamo cercato di seguire una strategia da portare in tribunale e devo ringraziare Gianpaolo Carrer, che insieme al suo team di avvocati ha elaborato una strategia per andare a chiedere il ripristino delle terapie secondo legge.
Riepilogando. Noi avevamo messo in nostri bambini in un ospedale pubblico e ad un certo, punto le stesse istituzioni che ci avevano autorizzato ad intraprendere quel percorso, ci dissero che il percorso era pericoloso. Iniziammo allora a chiedere lumi alle istituzioni, che nella maggior parte dei casi tacquero. L’unica istituzione che azzardò una risposta era quella direttamente coinvolta, ovvero l’Aifa, che non fece altro che ribadire la decisione presa e chiudere, quindi non c’è stato dialogo non c’è stata apertura.
Io ho posto delle contestazioni logiche e addirittura giuridicamente valide, ma il silenzio non è stato rotto. Ci abbiamo provato a dialogare e visto che hanno rifiutato il dialogo, ci siamo rivolti alla legge, perché ad oggi la legge è l’ultimo baluardo di difesa del cittadino, quindi tutti quelli che oggi inneggiano al non ottemperare le sentenze, attaccano così la legge, quindi lo Stato. Ci siamo rivolti alla legge proprio sulla base di quei punti che ti ho accennato, e grazie alla documentazione che abbiamo portato, ci è stato riconosciuto un diritto che rimane, nei fatti, negato.
-Tu, Vito Tortorelli e Gianpaolo Carrer avete fatto un ricorso unitario?
Abbiamo fatto il ricorso al Tar tutti insieme e questo ricorso si sono inseriti Spedali Civili e Stamina Dopo, in contemporanea al tar e ognuno singolarmente, siamo andati al tribunale del lavoro, appellandoci all’art. 700; e la legge ci ha dato ragione. Credo che il tutto si sarebbe potuto risolvere in maniera diversa, ma sono state le istituzioni che. per prime, con i loro silenzi, ci hanno costretto ad iniziare una battaglia anche dentro i tribunali, oltre quella che facciamo ogni giorno dentro casa per assistere i nostri bambini.
-I tribunali hanno dato ragione a tutti e 3?
Certo. Tutti i nostri bambini hanno ripreso le terapie.
-Quindi ci sono state altre infusioni.
Certo. Noi siamo stati autorizzati a proseguire il nostro cammino e quindi abbiamo ricominciato, ma da lì è partito il caso mediatico. La vittoria di Celeste, seguita dalla vittoria di Smeralda e poi da quella di Daniele hanno, ovviamente, portato questa notizia alle cronache e da allora si è iniziato a parlare di Stamina, con tutto quello che ne è conseguito.
Quando noi ci eravamo resi conto di avere contro un nemico che non voleva ascoltare, oltre a rivolgerci a tutte le istituzioni, avevamo anche scritto alle maggiori testate giornalistiche e ad alcune trasmissioni televisive. Ma nessuno ci ha dato spazio. Tra l’altro, eravamo a fine maggio e ci si avviava verso giugno, ciò significava fine di tutti i palinsesti, inizio del periodo estivo. Non c’erano trasmissioni e non c’era nessuno che si volesse occupare di questa faccenda, era come urlare nel silenzio, come nel quadro di Munch.
Era proprio questa la sensazione che avevamo; cioè di urlare a squarciagola per il bene di un figlio, la cosa più importante per un genitore, senza che nessuno ci ascoltasse. Non ci sono stati personaggi dello spettacolo che hanno sposato la causa, non c’era nessuno, eravamo da soli.
-Anche se le Iene vi hanno appoggiato.
Sì, ma sono venute dopo.
-Quindi non vi è arrivata nessuna risposta da qualcun altro, neanche una risposta ipocrita?
Ci sono arrivate poche risposte di quelli che poi si sono occupati del caso solo nel momento in cui è stata vinta la battaglia. Ricordo che un paio di settimanali si occuparono del blocco, riportando la notizia delle famiglie che chiedevano il ripristino. Tutto sommato un po’ di attenzione c’è stata data solo a causa vinta, quando abbiamo ribaltato l’ordinanza dell’ Aifa e di fatto sono state ripristinate le terapie. Solo allora hanno iniziato a contattarci tutti, da canale 5 al Tg1, alla rai, ai giornali nazionali e regionali; però il risultato lo abbiamo conseguito nell’assoluto silenzio, nell’assoluta indifferenza da parte di tutti.
-Di fronte alle battaglie scomode, quasi sempre, chi dovrebbe informare abdica al suo ruolo.
Io ho vissuto per 6 anni in America e lì c’è un certo tipo di giornalismo –capace di una vera attività di inchiesta- e ce n’è anche un altro, che è quello che hanno copiato da noi. Parliamo del giornalismo corrotto, guidato, condizionato, quello della verità apparente, quello del Truman Show, dove costruiscono magari un conflitto e facendo quattro riprese ti fanno credere che c’è una guerra, mentre in realtà non è così.
Ma lì, come ti dicevo, ho conosciuto anche il vero giornalismo d’inchiesta, quel famoso giornalismo libero, quel giornalismo che non parla ogni giorno, ma parla ogni tanto ed ogni volta è come se esplodesse una bomba. Questo tipo di giornalismo in Italia si è perso e chi prova a farlo non ha visibilità, gliela precludono perché magari è un giornalista scomodo, che non scrive quello che gli comandano di scrivere.
Una vicenda come quella di Stamina ha così tanti lati oscuri, così tante cose da sviscerare che un giornalista rampante, un giornalista d’inchiesta ci si dovrebbe buttare a pieni piedi per uno che fa questo tipo di lavoro sarebbe una lotteria, perché c’è di tutto, c’è l’aspetto umano, l’aspetto scientifico, l’aspetto giuridico, c’è il coinvolgimento di comparti delle istituzioni che sono state notoriamente protagoniste di vicende poco chiare. Insomma ci sarebbe tanto da indagare, ma il potere forte vuole che non se ne parli o che se ne parli in un certo modo
-Questo è un Paese dove tanti parlano di legalità, giustizia, sentenze da rispettare…
Credo che molti non vogliano sapere, perché ci sono così tante cose da andare a sviscerare; cose che, tra l’altro, sono talmente lapalissiane che non sarebbe neanche tanto difficile sviscerarle.
Sanno che sono coinvolti poteri forti ed evidentemente, dato che comunque hanno dimostrato di non aver paura di alcuni poteri, ci sono poteri forti che fanno più paura rispetto ad altri. In una vicenda come questa si inserisce, per esempio, un personaggio come Elena Cattaneo e a questo punto ad un giornalista che vuole fare indagine, che vuole approfondire, comunque gli viene servita sul piatto una situazione che vede un personaggio a molti sconosciuto.
Lei fa comizi, non conferenze, sentenzia quello che è giusto e quello che è sbagliato. Ma c’è un problema. Questa è una persona che è da sempre pagata dallo Stato o da donazioni; ricerca da 30 anni e purtroppo ancora di risultati niente, cosa che potrebbe anche essere ammessa, vista la complessità di certi tipi di studi.
Però, il fatto che sia coinvolta personalmente verso un certo tipo di ricerche sulle staminali, pone un conflitto etico e professionale.
Come mai una ricercatrice, che diciamo non è proprio ai primi posti delle classifiche, è stata premiata con un’alta carica dello Stato e, inoltre, perché questa carica la usa per fare un certo tipo di indottrinamento che lascia tanti dubbi sull’equità? Io ho dei dubbi sul fatto che questa persona parli in maniera equa e trasparente.
E’ fisiologico che se tu credi in un certo tipo di staminali, poi lo difenderai a spada tratta. Si può anche fare, ma non ricoprendo una carica da senatrice. Su questo non si interroga nessuno,come nessuno si è chiesto come sia potuta arrivare a dire che ai genitori che hanno fatto fare Stamina ai propri figli bisognerebbe togliere la patria potestà;
come fa una signora che non conosce i nostri figli,la loro storia clinica,le loro famiglie ne il modo in cui affrontiamo quotidianamente le difficoltà a fare una affermazione così crudele?Come si fa a giudicare dei genitori che al di la di Stamina onorano ogni singolo istante la voglia di vita dei propri figli?
-C’è da sempre il luogo comune per il quale tutti quelli che rappresentano la medicina ufficiale sono portatori di pensiero vero, autorevole, saggio, condivisibile, mentre coloro che portano avanti altri percorsi terapeutici devono essere visti sempre come imbroglioni, farabutti, espressione di una specie di mentalità popolare irrazionale. Non si va mai a verificare l’efficacia di queste proposte alternative; automaticamente si nega loro ogni veridicità e attendibilità. Chi si affida alle alternative è considerato un illuso che si affiderebbe a qualunque imbonitore. Quando in Italia scoppia un caso come quello di Stamina, immediatamente compaiono personaggi autorevoli che cominciano a urlare che il tutto è una truffa e che i sostenitori delle cosa sono degli illusi.
In fondo sono persone che si accontentano, sanno che ubbidendo ottengono il contentino, il premio. Questo l’ho dimostrato davanti a qualche milione di spettatori alla Vita in Diretta nel confronto avuto con giornalista.
-Racconta.
Partecipai a questa trasmissione,il giornalista in questione era uno dei principali contestatori di Stamina.
In quella puntata c’era un confronto sulle Staminali. C’eravamo io e un’altra mamma,anche lei con la figlia trattata a Brescia. Era il periodo in cui i medici si rifiutavano di fare le infusioni, ed era di questo blocco che si discuteva in quella puntata. In quel contesto, il giornalista, come sempre, motivò le scelte dei medici ed, in uno dei nostri confronti, considerando che lui era uno che aveva scritto sui vari rischi connessi alle staminali, gli mostrai delle analisi che certificavano che non esisteva nessuno di quei rischi di cui lui aveva ampiamente scritto.Erano documenti che stavano agli atti, tutti sapevano che quei rischi non c’erano. Lui disse che la cosa si era saputa dopo. Gli chiesi quindi se avesse fatto una smentita di quello che precedentemente aveva affermato e lui rispose di no, rispose che non c’era motivo di fare una smentita. Credo che con questa affermazione abbia fatto davvero una gran figuraccia. Un giornalista, prima di andare a scrivere, senza dimenticare il potere che ha la penna, ha il dovere di guardare sia un lato della medaglia sia l’altro.
Non si può dare man forte solo ad una parte, dando per buono e scontato quello che la parte in questione dice, senza ascoltare l’altra parte. Se fosse venuto anche da noi, gli avremmo mostrato la documentazione e lui non avrebbe scritto una falsità, che di fatto ha creato terrorismo, perché se si scrive che con le infusioni di staminali c’è il rischio mucca pazza, come lui ha fatto, si fa terrorismo mediatico e psicologico. Ci sono i certificati che dimostrano che i terreni di coltura delle staminali sono provenienti da zone dove non c’è la presenza della mucca pazza.
Inoltre è un’offesa all’intelletto il solo pensare che un ospedale d’eccellenza, come quello di Brescia, possa utilizzare o lasciar utilizzare all’interno del suo laboratorio da parte di personale Stamina prodotti non legali o non certificati. Scrivere che ci sono dei rischi, quando siamo in presenza di documenti che certificano che non ce ne sono, è grave e delittuoso.
-Dopo la vittoria giudiziaria, quante altre infusioni siete riusciti a fare prima del nuovo blocco, quello con il quale i medici di Brescia decisero di attuare “obiezione di coscienza” di massa, nonostante le sentenze dei tribunali fossero favorevoli alle infusioni?
Noi siamo riuscita a fare tutte e 5 le infusioni. Però c’è da dire che Smeralda, se avesse seguito l’iter regolare delle infusione, con la cadenza che era stata stabilita di una ogni due mesi, avendo iniziato a gennaio 2012, avrebbe dovuto finire ad ottobre 2012. In realtà solo le prime due infusioni poterono essere fatte secondo la cadenza che era stata prefissata; perché poi vi fu il blocco dell’Aifa e tutte la beghe giuridiche e processuali che ne seguirono.
Quindi, per tutta una serie di slittamenti, Smeralda che aveva iniziato, come abbiamo visto, a gennaio 2012, ha concluso il ciclo a giugno 2013; cioè ha finito 10 mesi dopo quanto era stato preventivato. Si capisce bene che in una terapia già in sé estrema e che viene fatta su una paziente gravissima, nel momento in cui avviene questo costante sbalzo di tempi, viene messa in discussione qualunque tipo di valutazione possibile, perché così in questo la terapia viene in qualche modo falsata.
-Quando avete fatto le altre 3 infusioni i medici di Brescia non avevano ancora fatto obiezione di coscienza. Quali furono i risultati di quelle infusioni sulla bambina?
Bisogna tener conto che da una situazione di grandissima collaborazione tra i due ospedali e di grandissima attenzione a quelli che potevano essere dei segnali che la bambina dava, si è passati ad una situazione opposta. Chi magari fino al giorno prima era al nostro fianco, faceva in quel momento, alla luce di quanto stava avvenendo, un passo indietro. Quindi da una parte si può dire che i risultati, sulla bambina, delle ultime tre infusioni, sono stati inferiori a quelli delle prime due, proprio perché la terapia è stata temporalmente falsata, come ti ho detto poco prima.
Dall’altra parte, però, si può anche dire che comunque i risultati ci sono stati, ma non c’era interesse ad attenzionarli.
Si era creato un clima in cui la comunità scientifica sosteneva che era tutto falso e pericoloso e quindi la tendenza dei medici non fu più quella di cogliere ogni risultato positivo, ma quella di dimostrare che non c’era alcuna efficacia. Mentre prima si poteva valutare una reazione di Smeralda in maniera propositiva, da quel momento in poi, qualunque cosa di positivo avesse fatto la bambina.
Ti faccio un esempio.
Fino a settembre del 2012 la bambina respirava da sola, me la davano nel passeggino ed io dal reparto uscivo con lei e facevamo insieme le passeggiate nei corridoi. L’ospedale di Brescia era ben contento di questo, e voleva far emergere queste evoluzioni positive.
Con l’inasprirsi della vicenda Stamina a livello politico e scientifico, ci fu un raffreddamento da parte dell’ospedale. Ritengo che ci sia stata una volontà superiore che ha dato determinati ordini ai medici. Quindi anche se la bambina avesse potuto e voluto respirare, loro l’avrebbero comunque tenuta attaccata al respiratore. Mi dicevano che Smeralda non ce la faceva a respirare.
Quando invece l’ho portata a casa, ho potuto verificare che, se Smeralda vuole, respira da sola.
Posso comunque dire che, se i miglioramenti importanti di Smeralda li abbiamo visti con le prime due infusioni; le successive infusioni, comunque, le hanno sicuramente dato dei benefici. E noi crediamo che quello che le è stato iniettato sta continuando a lavorare. Una dimostrazione di questo l’abbiamo avuta con gli elettroencefalogrammi che facciamo fare alla bambina.
Ho fatto analizzare tutti gli encefalogrammi fatti da Smeralda quando era in ospedale e tutti quelli fatti una volta casa e tutti coloro che hanno valutato e certificato quanto dicevano. Hanno sostenuto che Smeralda, in realtà, ha avuto una curva evolutiva assolutamente discordante con quella che è la sua condizione.
Insomma Smeralda ha un attività cerebrale importante e ce l’aveva anche quando era in ospedale, ma lì questo veniva taciuto, ci dicevano che la situazione era stazionaria.
Invece, sia dai loro esami, che da quelli che abbiamo fatto a casa, il quadro appare diverso da quanto loro sostenevano. Smeralda in tutti questi anni, nonostante le abbiano osteggiato le cure, nonostante ha potuto fare solo 5 infusioni quando ad oggi avrebbe potuto già averne fatte 10, sta lavorando, si impegna, prova a fare di tutto per rimanere aggrappata alla vita, e soprattutto ,a differenza di quanto affermato da chi prima ne certificava i miglioramenti e poi li smentiva a mezzo stampa, continua nella sua attività respiratoria spontanea che si alterna e della quale abbiamo ovviamente prova (non ultimo un ricovero d’urgenza in cui la piccola arriva in PS in respiro autonomo e ci resta per 10h … tutto in cartella clinica…dello stesso ospedale che un anno prima la vedeva dimessa e “senza alcuna attività respiratoria”).
-A giugno 2013 avete fatto l’ultima infusione?
Sì e poi ovviamente abbiamo dovuto fare ricorso per poter proseguire la cura. Avendo finito le 5 infusioni, noi, alla luce della condizione della bambina e quindi della necessità di proseguire quel percorso, siamo andati in tribunale e, a dicembre del 2013, abbiamo avuto finalmente sentenza positiva, cioè è stato ordinato agli Spedali civili di riprendere le infusioni per Smeralda. Ma da dicembre 2013 ad oggi non ci hanno mai più chiamato, adducendo le più svariate motivazioni. A dicembre quando avevamo vinto, avevamo mandato la comunicazione, chiedendo di sapere quando sarebbe stata fissata l’infusione per Smeralda e loro ci risposero che dovevano vedere nella cronologia delle infusioni come inserire Smeralda e che a breve ce l’avrebbero comunicato.
La stessa cosa ci dissero per tutto gennaio e fino a metà febbraio e poi iniziarono le varie bagarre legate alle obiezioni dei medici, poi i medici tornarono a lavorare, ma nacque il problema dell’iscrizione della Molino, la biologa principale di Stamina, si risolse il problema della Molino e tornò in auge l’obiezione di coscienza dei medici. E così da dicembre fino ad oggi gli Spedali non ha ottemperato a due ordini dei giudici.
Uno c’era stato a dicembre ma, vedendo che non ci chiamavano, siamo tornati in tribunale e abbiamo fatto un ricorso 669, quindi un’accelerazione, che è stato accolto con quello che, nei fatti, è un rafforzamento della sentenza precedente. Ma, nonostante tutto, gli Spedali a continuato ad addurre scusanti e a non ottemperare a quanto ordinato dalla legge.
-Naturalmente tu hai subito capito che questa obiezione di coscienza è una cosa insostenibile.
È un’offesa ai nostri figli e alla dignità e anche alla professionalità dei medici in questione; perché queste persone sono le stesse che per anni hanno fatto le infusioni ai nostri figli, e quindi hanno conosciuto i nostri bambini, hanno visto che i nostri bambini non hanno avuto nessuno di quegli effetti negativi che vengono millantati in tv e che cerca di asserire una pseudo comunità scientifica, che ad oggi ha portato solo chiacchiere e non fatti.
Addirittura il loro direttore generale è andato a difendere in Senato il loro operato, dicendo che su 400 infusioni non c’è mai stato un solo effetto collaterale, il loro direttore sanitario dice che non ci sono effetti collaterali e che hanno rilevato dei miglioramenti in bambini come Celeste, il presidente nazionale degli Emo-oncologi, nonché responsabile del reparto e del progetto Stamina all’interno di Brescia, è andato anche lui a testimoniare dicendo che erano perfettamente a conoscenza di quello che infondevano e alla luce di tutto questo io non posso non condannare la scelta di quei professionisti che, oltre a sapere e conoscere i nostri figli, hanno avuto un rafforzamento da parte dei loro stessi rappresentanti aziendali.
-Dopo questa obiezione di coscienza cos’altro è successo?
Niente. Ora aspettiamo il parere della 2° commissione, il Ministro lo ha promesso, non solo a parole, ma anche facendo una legge, una sperimentazione ed ha composto una prima commissione, che è stata totalmente bocciata dal Tar, alla luce del chiaro schieramento a priori da parte di questi personaggi che componevano la commissione e che quindi non erano imparziali. Infatti oltre all’aver esulato da quello che era il mandato –ovvero loro non dovevano dire se la terapia facesse bene o male, ma dovevano soltanto limitarsi ad individuare determinati punti- si sono anche sbilanciati, sempre nell’ottica di affossare un qualcosa che evidentemente non gli sta bene.
Il ministro ha poi creato ,appunto,una seconda commissione e hanno ben deciso di far fuori un luminare, Mauro Ferrari, che è un orgoglio per gli italiani, è uno scienziato di prestigiosa fama,che ha migliaia di dipendenti, quindi è una persona d’eccellenza e che oltretutto aveva dimostrato la sua professionalità, dicendo che avrebbe voluto ascoltare tutti e che tutto si sarebbe basato su trasparenza e rigore; ma evidentemente anche questo a qualcuno non è andato bene e quindi è stato segato anche lui.
Ora siamo in attesa del parere di questa nuova commissione che, al di là di una riunione Skype, sembra non si sia più rivista. E adesso ci troviamo di fronte ad un altro tentativo di ostacolare la legge, cioè il sequestro delle cellule dei nostri bambini a Brescia e così ci hanno dato un ulteriore motivo per essere più decisi nel portare avanti questa battaglia.
-Il tuo riferimento al sequestro delle cellule porta al pm Guariniello e alle sue inchieste.
Io credo nella legge come unica entità. Non posso credere alla legge dei giudici del lavoro e non credere alla legge di Guariniello. Credo che un pubblico ministero abbia il dovere di indagare e di seguire una sua linea, per cui io non potrò mai contestare il lavoro che ha svolto il pubblico ministero. Quello che vorrei poter discutere è il come sia stato possibile non portare davanti ad un giudice una situazione del genere, alla luce di evidenze così gravi e così schiaccianti come quelle raccontate, che rientrano nel periodo tra il 2004 e il 2009.
Il perché si sia volutamente mischiato,creando solo confusione e screditamento verso una struttura d’eccellenza, i fatti inerenti al pre Brescia con quelli avvenuti dal 2011 in poi.
Perché veniamo considerati “parte lesa” pur non essendo mai stati ascoltati e con la palese contraddizione dell essere famiglie che ricorrono in tribunale….per ottenere di essere “ri-offesi”?
-Fa anche pensare il fatto che abbia scritto un atto d’accusa nel quale dice, senza aver ascoltato nessuno di voi, che non c’è stato nessun miglioramento.
Lui potrebbe dirti che non è suo compito sentire le famiglie, che lui interroga chi ha seguito i bambini e così se ne esce come è giusto uscire.
-Lui ha fatto sequestrare tutta l’attrezzatura?
Sì, ha fatto sequestrare tutta l’attrezzatura e il prodotto cellulare. Noi abbiamo fatto tutti ricorso, chiedendo la restituzione del materiale, in primo luogo perché il nostro materiale non è stato in realtà ancora manipolato da Stamina; tutti i passaggi fatti fino a quel punto sono pubblici e riconosciuti, e quindi non è stato sequestrato il prodotto che sta per essere infuso. In secondo luogo perché il sequestro di fatto va ad ostacolare l’adempimento delle sentenze.
-Voi però continuate.
Confidiamo anche in un ridimensionamento di tutta la vicenda, che si parta dal rispetto verso delle famiglie che chiedono solo risposte e trasparenza, ci chiediamo ancora perché sia stata impedita proprio da Aifa quella verifica a Miami che avrebbe condotto il Prof. Ricordi, luminare con oltre 600 pubblicazioni,e che ha subito un attacco feroce solo per il suo essersi detto disponibile alla verifica “super partes” che avrebbe dato delle risposte vere e inattaccabili.
Da anni ci vediamo negare dei diritti sanciti non solo dalla Costituzione ma anche e soprattutto da sentenze dello Stato Italiano ma nonostante tutto… continuiamo a credere nella legge e nelle istituzioni.
-Andiamo all’attuale situazione di Smeralda. Da quanto ho capito, nonostante i suoi problemi, può stare a casa.
Smeralda è stata dimessa dall’ospedale il 27 agosto 2013 e quindi vive con noi già da un anno. Spendendo 12.000 euro abbiamo dovuto adibire una stanza appositamente per lei, ricreando in questa stanza tutto quello che c’è all’interno di una rianimazione, per cui Smeralda ha un lettino pediatrico ospedaliero, ha due macchine della respirazione, ha una bombola dell’ossigeno.
Smeralda la seguiamo noi 24 ore su 24. Ci sono solo 2 ore alla mattina e due ore il pomeriggio di assistenza infermieristica, ma per il resto del tempo siamo soli io e mia moglie. La nostra vita è essere degli infermieri specializzati, dei dottori; perché interveniamo sulla bambina quando ha dei problemi, quando sentiamo mille allarmi che suonano e vediamo che nostra figlia è visibilmente in difficoltà -magari per problemi respiratori- e si deve avere la freddezza di operare e di fare tutte le manovre necessarie che ci hanno insegnato in questi anni di ospedale per provare a salvarle la vita. Da quando è a casa ci sono stati 2 momenti importanti in cui ce la siamo vista davvero brutta.
-Ciò che state facendo, vivendo, è davvero un qualcosa di impressionante che rappresenta uno sforzo titanico e dovrebbe far urlare di furore tutti. Non è tollerabile che ogni giorno una famiglia debba essere costretta a massacrarsi di fatica nella solitudine più totale.
Questo rientra nelle fatiche che ogni genitore è disposto a fare. Considera che noi abbiamo altri due figli. Uno di noi due deve sempre rimanere a casa. Quindi, di fatto, noi siamo una famiglia che per due anni e mezzo ha vissuto dentro un ospedale e che adesso,con la domiciliazione,non ha mai più potuto andare insieme da qualche parte. Non possiamo andare a mangiare una pizza, non possiamo fare un bagno a mare tutti insieme, né una passeggiata. Non abbiamo una foto tutti insieme.
Ma questi sono tutti aspetti che vengono colmati dalla gioia di avere Smeri a casa e di poterla accudire ogni singolo istante, è chiaro che ci si pensa guardando agli altri due figli che abbiamo.Mi auguro di riuscire presto a mettere Smeraldina in un passeggino, quantomeno per farla vivere anche qualcos’altro rispetto alla sua stanza. Comunque, il grossissimo lavoro che dobbiamo fare è anche quello di gestire una famiglia in cui ci sono altri due bambini, che hanno anche bisogno di certi momenti di condivisione.
Nonostante tutto cerchiamo di mantenere quell’equilibrio che ci fa alzare la mattina e coricare la notte sempre col sorriso. Non ci sarebbe niente da sorridere, ma noi troviamo comunque il modo per sorridere. E’ bene trarre da ogni situazione degli insegnamenti e dei dogmi, e questi sono i veri dogmi, quelli che ti fanno onorare la vita dei tuoi figli a 360º.